Le sezioni unite della Cassazione confermano la sanzione della sospensione dall'attività professionale per l'avvocato che nell'ascolto del minore non rispetta le regole

di Annamaria Villafrate - Con la sentenza n. 7530/2020 le sezioni unite della Cassazione confermano l'articolato provvedimento del CNF contro cui ricorre l'avvocato raggiunto dalla sanzione disciplinare della sospensione dall'attività professionale per la durata di sei mesi, irrogata dal COA di appartenenza per aver ascoltato un minore senza prima aver informato il padre, unico genitore affidatario. A nulla sono valse le difese del legale, che ha puntato sul comportamento violento del padre e sulla necessità di tutelare il ragazzo.

Sospensione dall'attività professionale per sei mesi

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Il CNF conferma la decisione del COA che ha sospeso l'avvocato dall'esercizio della professione per sei mesi, per aver ricevuto presso il suo studio un diciassettenne e la madre, decaduta dalla responsabilità genitoriale e aver comunicato al padre del ragazzo, unico genitore affidatario, senza contattare il legale di quest'ultimo, la volontà del figlio di trasferirsi a casa della mamma.

Il COA non ha dato rilievo alla mancata conoscenza da parte dell'avvocato del nome del padre, poiché era suo dovere non ricevere il minore in assenza della preventiva informazione del genitore affidatario. Il CNF rileva la violazione dell'art. 6 del Codice deontologico previgente e condivide l'irrilevanza della mancata conoscenza del nome paterno, stante la conoscenza della decadenza della madre dalla responsabilità genitoriale. A rilevare è infatti la cognizione da parte dell'avvocato del fatto che il padre fosse l'unico genitore affidatario, che il legale abbia informato quest'ultimo della volontà del minore di trasferirsi presso la madre e la richiesta di questa di procedere alla modifica delle condizioni della separazione per ottenere l'affidamento del figlio.

Per il CNF non è sostenibile la tesi dell'avvocato ricorrente secondo cui era suo dovere tutelare il minore da un padre abusante invece di preoccuparsi di chiedere il consenso del genitore affidatario, soprattutto perché i procedimenti a carico del genitore si sono conclusi con l'assoluzione e perché in ogni caso la delicatezza della vicenda avrebbe semmai imposto l'attivazione di altri rimedi di legge, come la richiesta di nominare al ragazzo un curatore speciale. Il CNF rileva inoltre come la vicenda narrata dal legale non sia credibile e come la stessa, ogni caso, avrebbe imposto all'avvocato d'interrompere il colloquio con il minore.

Inapplicabili altresì i principi del giusto processo sanciti dalla CEDU e invocati dall'avvocato, perché non possono trovare applicazione in un procedimento amministrativo. Irrilevanti l'asserita mancata conoscenza della decadenza della madre dalla responsabilità genitoriale, stante la conoscenza dell'affidamento esclusivo del minore al padre e la censura con cui l'avvocato fa presente che il diciassettenne è un quasi maggiorenne e che in questo modo lo si priva della volontà di autodeterminarsi.

Corretta quindi la sanzione irrogata alla luce:

  • della gravità delle ragioni addotte dall'avvocato relative all'ascolto del minore, avvenuto senza il rispetto delle regole;
  • delle accuse rivolte al padre, poi smentite dagli esiti processuali;
  • dei precedenti penali dell'avvocato.

Il ricorso in Cassazione: tutela del minore

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Ricorre in Cassazione l'avvocato sollevando sei motivi di doglianza.

  • Con il primo lamenta la mancata considerazione della sua non conoscenza del nome del legale del padre e della decadenza della madre dalla responsabilità genitoriale, dati emersi in un secondo momento nel corso dell'istruttoria.
  • Con il secondo contesta l'ingiustizia manifesta del provvedimento, visto che dall'istruzione probatoria sono emerse le violenze perpetrate dal padre, situazione eccezionale che giustifica l'intervento a difesa del minore.
  • Con il terzo lamenta la presentazione di una denuncia invalida e il difetto di istruttoria per non aver ascoltato i testi richiesti.
  • Con il quarto contesta la violazione del principio di proporzionalità nell'irrogazione della sanzione, visto che nella vicenda ha assunto il ruolo di mero nuncius nel riferire al padre la volontà del figlio.
  • Con il quinto censura l'illogicità della motivazione perché in contrasto con l'incolpazione relativa alla omessa comunicazione al padre di ascoltare il minore, che fa riferimento a norme diverse rispetto a quelle disciplinari che hanno portato alla sospensione.
  • Con il sesto deduce come il COA abbia fondato la sua decisione solo in base alle ragioni prospettate del denunciante, avendo ignorato le prove documentali e orali attestanti gli abusi del padre.

Sospensione per avvocato che ascolta minore senza il rispetto delle regole

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La Cassazione con la sentenza n. 7530/2020 dichiara il ricorso inammissibile per le ragioni che si vanno a esporre.

  • Il primo motivo non coglie la questione della grave violazione commessa dall'avvocato, per aver ascoltato un minore senza il preventivo interpello del genitore affidatario, dato la incontestata conoscenza di tale circostanza.
  • La seconda censura è inammissibile, tenuto conto delle risultante processuali di assoluzione dei fatti contestati al padre del ragazzo.
  • Infondato e inammissibile il terzo motivo perché è dovere del COA procedere d'ufficio quando viene a conoscenza di una possibile violazione deontologica e perché nel contestare l'omessa istruttoria l'avvocato non esplicita le ragioni di tale necessità rispetto all'addebito di aver ascoltato il minore senza le necessarie garanzie.
  • Inammissibile la quarta censura perché riguarda il merito della valutazione che ha condotto all'irrogazione della sanzione e perché il provvedimento motiva adeguatamente la ragione per la quale la sanzione è ritenuta proporzionale alla violazione.
  • Manifestamente infondato il quinto motivo in quanto, come già chiarito dalla SU 8313/2019 "le previsioni del codice deontologico forense hanno natura di fonte meramente integrativa dei precetti normativi e possono ispirarsi legittimamente a concetti diffusi e generalmente compresi dalla collettività. Ne consegue che, al fine di garantire l'esercizio del diritto di difesa all'interno del procedimento disciplinare che venga intrapreso a carico di un iscritto al relativo albo forense è necessario che all'incolpato venga contestato il comportamento ascritto come integrante la violazione deontologica."Nel caso di specie infatti la contestazione e l'addebito disciplinare rientrano del contenuto precettivo dell'art. 6 previgente da integrarsi con la fattispecie atipica che ha ad oggetto il rispetto delle regole deontologiche sull'ascolto del minore.
  • Inammissibile infine la sesta censura. L'accertamento si è infatti giustamente limitato ad accertare la violazione degli obblighi deontologici dell'avvocato in relazione alle regole sull'ascolto del minore.

Scarica pdf Cassazione SS.UU. sentenza n. 7530/2020

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