Configura reato di stalking impedire ai vicini di entrare nel proprio garage, ingenerare ansia o costringerli a cambiare abitudini di vita

di Annamaria Villafrate - La sentenza n. 1551/2020 (sotto allegata) della Cassazione conferma la condanna per stalking di un imputato che nel ricorso tenta di ottenere la dichiarazione di nullità della deposizione della psicologo delle persone offese e una rivalutazione delle deposizioni dei testimoni oculari. Gli Ermellini però di fronte a queste richieste restano fermi sul punto e confermano la sentenza della corte d'appello, prima di tutto perché la stessa non ha fondato la propria decisione sulla testimonianza resa dalla psicologa ma sulle dichiarazioni delle persone offese e dei testimoni oculari. In secondo luogo rilevano come, in ogni caso, l'imputato sarebbe stato condannato comunque per il reato di stalking, perché lo stesso è integrato anche solo se le persone offese sono costrette a cambiare abitudini di vita.

Condanna per il reato ex art. 612-bis c.p.

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La corte d'appello conferma da condanna emessa dal giudice di primo grado nei confronti dell'imputato per il reato di cui all'art 612 bis comma 3, 610, 61 comma 1 n. 2 c.p, a un anno di reclusione. L'imputato è responsabile di aver tenuto condotte persecutorie nei confronti delle parti lese e del figlio minore perché ha rivolto agli stessi frasi minacciose e ha impedito loro di entrare con la vettura nel garage di proprietà, perché si è rifiutato di spostare il suo mezzo parcheggiato proprio davanti l'ingresso del box. All'imputato va riconosciuta l'aggravante di aver tenuto detta condotta al fine di eseguire il reato di condotte persecutorie.

Il ricorso in Cassazione

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L'imputato propone a questo punto ricorso in Cassazione evidenziando prima di tutto come, in violazione del suo diritto di difesa, gli è stata negata la possibilità di farsi assistere da un consulente di parte durante l'esame del teste di controparte, una psicologa che ha seguito le parti offese e ha presentato una relazione sulle condizioni del figlio minore. Chiede al riguardo che la deposizione della psicologa sia dichiarata nulla. Il ricorrente chiede inoltre che tale testimonianza sia inverosimile, anche alla luce delle affermazioni della neuro-psichiatra, ascoltata come teste della difesa. Rileva inoltre come la corte abbia ritenuto erroneamente attendibili le dichiarazioni delle persone offese, smentite a suo dire da quelle dei testi del pubblico Ministero.

Condanna per stalking per chi impedisce ai proprietari di entrare nel garage

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La Cassazione rigetta il ricorso con la sentenza n. 1551/2020 perché infondato.

Sulla questione della deposizione della psicologa, la cassazione, dopo alcune precisazioni di ordine procedurale, chiarisce che in ogni caso nel ricorso l'imputato non ha indicato le ragioni per le quali le parole della psicologa siano risultate decisive. Non solo, i giudici di merito hanno indicato come il semplice cambio di abitudini del nucleo familiare sia di per se sufficiente a integrare il reato di atti persecutori. Le persone offese e il bambino infatti sono stati costretti a passare dal retro dell'abitazione per evitare gli insulti dell'imputato ogni volta che rientravano in casa. Nella sentenza della corte d'appello inoltre non viene dato rilievo, ai fini della conferma della decisione del giudice di primo grado, alla deposizione della psicologa, bensì alle deposizioni delle persone offese e dei testimoni oculari. Gli Ermelinni rilevano altresé come nel ricorso l'imputato non evidenzi l'interesse alla declaratoria di nullità sollevata.

Sul secondo motivo del ricorso gli Ermellini evidenziano il tentativo dell'imputato di far rileggere alla corte di legittimità le fonti di prova già vagliate in sede di merito e sulle quali la corte d'appello si è espressa con una motivazione priva di illogicità o contraddizioni. In pratica il corrente non censura una motivazione assente, contraddittoria o illogica, ma erronea secondo la sua ricostruzione dei fatti, chiedendo di sottoporre al vaglio di legittimità la rivalutazione del giudizio di credibilità dei testi, non consentita in detta sede.

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