Per il Consiglio Nazionale Forense, gli impegni professionali non giustificano l'inadempimento al dovere di formazione e aggiornamento professionale

di Lucia Izzo - L'obbligo di formazione continua sussiste per il solo fatto dell'iscrizione nell'albo e non subisce deroga né attenuazioni nel caso di impegni professionali ritenuti tanto assorbenti da precludere la stessa possibilità materiale di acquisire i "crediti formativi" richiesti. Infatti, diversamente ragionando, detto obbligo finirebbe per dover essere adempiuto con le modalità regolamentari previste solo dall'iscritto all'albo che svolga la propria attività in modo marginale, episodico e discontinuo.

Il procedimento disciplinare

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Lo ha chiarito il Consiglio Nazionale Forense nella sentenza n. 68/2019 (qui sotto allegata) pronunciandosi sul ricorso di un avvocato che, a seguito dei periodici controlli sull'assolvimento dell'obbligo formativo svolti dal COA, risultava non aver assolto tale obbligo per il triennio 2008/2010.


Da tale vicenda originava l'apertura di un procedimento disciplinare all'esito del quale il legale veniva condannato alla sospensione dall'esercizio della professione per mesi due e giorni 15. Una decisione contestata innanzi al CNF dall'avvocato che tenta di giustificare il mancato assolvimento degli obblighi formativi in quanto dipeso dall'esigenza di seguire vicende professionali e l'attività di ristrutturazione del nuovo studio e del relativo trasloco.

Doveri formativi: niente deroga in caso di impegni professionali

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Il Consiglio Nazionale Forense, tuttavia, evidenzia come gli avvocati siano tenuti ad adempiere ai doveri formativi che sorgono dal momento stesso dell'iscrizione nell'albo e che non possono subire deroga alcuna in caso di impegni professionali ritenuti tanto assorbenti da precludere la stessa materiale possibilità di acquisire i crediti formativi.


Diversamente argomentando, spiega il CNF, tale onere finirebbe nel poter essere adempiuto con le modalità regolamentari previste solo dall'iscritto all'albo che svolga la propria attività in modo marginale, episodico e discontinuo ovvero attribuire una inammissibile discrezionalità al singolo iscritto nell'acquisizione dei crediti previsti.


Pertanto, sotto il profilo della condotta deontologicamente rilevante, non possono assumere efficacia esimente le censure formulate dall'incolpato, in quanto gli asseriti problemi di salute del collega e il trasloco nel nuovo studio si palesano come circostanze obiettivamente non ostative allo svolgimento di qualche ore finalizzata alla formazione continua.

Sanzione adeguata e proporzionata

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Tuttavia, rileva il Consiglio, per la violazione del dovere di aggiornamento professionale e di formazione continua (art. 15 ncdf, già art. 13 cdf prev.) non è tipizzata una sanzione, la quale deve pertanto essere adeguata e proporzionata alla violazione deontologica commessa tenendo presenti le peculiarità della fattispecie in esame e il comportamento complessivo dell'incolpato.

Pertanto, sotto il profilo della graduazione della sanzione è indubbio che, anche in applicazione in melius del regime sanzionatorio oggi vigente nel Nuovo Codice e del mero "dovere formativo" disciplinato dalla previsione normativa di cui all'art. 13 del cdf previgente, il comportamento dell'incolpato non assume un disvalore deontologico tale da imporre l'irrogazione di una sanzione di natura sospensiva.


In conclusione la mancanza di un apparato sanzionatorio autonomo della fattispecie per cui è gravame e la necessità di adeguare e proporzionare la sanzione applicabile al comportamento complessivamente tenuto dall'incolpato, induce il CNF a degradare la sanzione della sospensione in quella dell'avvertimento.

Scarica pdf CNF, sent. 68/2019

Foto: 123rf.com
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