Vigilantibus non dormientibus iura succurrunt. Mancata comunicazione avviso udienza e/o deposito sentenza: quali sono le conseguenze secondo la Cassazione
Avv. Paolo Calabretta - Vigilantibus non dormientibus iura succurrunt. Mancata comunicazione avviso udienza e/o deposito sentenza: quali sono le conseguenze?

Mancata comunicazione avviso udienza e deposito sentenza: decadenza dall'impugnazione

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La Corte di Cassazione civile, sez. II 08/08/2019 n. 21207, ha espresso il seguente principio: "La decadenza da un termine processuale, ivi compreso quello per impugnare, non può ritenersi incolpevole e giustificare, quindi, la rimessione in termini, ove sia avvenuta per errore di diritto, ravvisabile laddove la parte si dolga dell'omessa comunicazione della data di trattazione dell'udienza e/o della sentenza stessa, atteso che il termine di cui all'art. 327 c.p.c. decorre dalla pubblicazione della sentenza mediante deposito in cancelleria, a prescindere dal rispetto, da parte della cancelleria medesima, degli obblighi di comunicazione alle parti, e che, inoltre, rientra nei compiti del difensore attivarsi per verificare se siano state compiute attività processuali a sua insaputa".

Altresì, la Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 25727 depositata il 14 ottobre 2019, ha statuito che il contribuente costituito in giudizio ha l'onere di verificare lo stato del procedimento, senza doversi affidare alle comunicazioni della cancelleria. Infatti, anche ove non vengano trasmesse dalla commissione le notizie sulla fissazione dell'udienza di discussione e sull'avvenuto deposito della sentenza, i termini di impugnazione rimangono quelli stabiliti per legge, senza possibilità di ottenere una rimessione in termini per non aver avuto contezza dell'esito del giudizio.

Cosa dice il codice di rito

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Non v'è chi non veda (è proprio il caso di dire), come tali arresti giurisprudenziali gettino nel panico gli avvocati i quali, secondo tali dicta, si troverebbero costretti a verificare periodicamente se tal sentenza ovvero altro provvedimento giurisdizionale siano stati depositati, ove non si sia ricevuta la relativa comunicazione di cancelleria; ovvero, se sia stata fissata l'udienza di discussione.

In merito, con riferimento al deposito della sentenza, la prima norma di riferimento è quella di cui all'art. 133 c.p.c., il cui secondo comma è del seguente tenore: "Il cancelliere dà atto del deposito in calce alla sentenza e vi appone la data e la firma, ed entro cinque giorni, mediante biglietto contenente il testo integrale della sentenza, ne dà notizia alle parti che si sono costituite. La comunicazione non è idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all'art. 325".

E' bene sgombrare subito il capo da un potenziale equivoco e cioè l'ultimo inciso che, introdotto dalla novella al codice di rito nel 2014, si è reso necessario in quanto tale novella ha sostituito le parole «il dispositivo», con le parole «il testo integrale della sentenza»: ne deriva come l'ulteriore aggiunta del seguente periodo: «La comunicazione non è idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all'art. 325» si è resa necessaria, opportunamente, al fine di chiarire che la comunicazione del testo integrale della sentenza non fa decorrere il termine per l'impugnazione.

Nessun dubbio, quindi, che il cancelliere sia tenuto ad eseguire la comunicazione del provvedimento giurisdizionale ai difensori costituiti.

Ed, all'uopo, l'art. 60 c.p.c. così dispone:

"Il cancelliere e l'ufficiale giudiziario sono civilmente responsabili:

1) quando, senza giusto motivo, ricusano di compiere gli atti che sono loro legalmente richiesti oppure omettono di compierli nel termine che, su istanza di parte, è fissato dal giudice dal quale dipendono o dal quale sono stati delegati;

2) quando hanno compiuto un atto nullo con dolo o colpa grave".

Cosa dice la Cassazione

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E che il cancelliere risponda anche di meri comportamenti omissivi, risulta dalla seguente massima: "Ai sensi dell'art. 19, primo comma, L. 25 giugno 1943, n. 540, la trascrizione degli atti ricevuti dal cancelliere, nonché delle domande giudiziali, sentenze e decreti che vi sono soggetti, costituisce un obbligo dello stesso cancelliere, il quale nel caso di omissione è esposto a pene pecuniarie ed anche a responsabilità nei confronti delle parti interessate, talché è irrilevante che la parte abbia o non abbia chiesto la trascrizione di poi disposta con la sentenza" (Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 1242 del 13 marzo 1978).

D'altronde, pure evidente è l'analogia con la seguente ulteriore massima: "La negligenza dell'ufficiale giudiziario incaricato della notificazione di un atto d'impugnazione non può evitare la decadenza dall'impugnazione stessa, ma importa solo una responsabilità dell'ufficiale giudiziario medesimo" (Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 3775 del 22 novembre 1974).

Ed allora - ferma restando la responsabilità del cancelliere in caso di omessa comunicazione della sentenza e/o provvedimento giurisdizionale - bisogna interrogarsi se, realmente possa sostenersi che tale omessa comunicazione sia del tutto irrilevante.

Prima di indagare, quindi, se sia possibile un'altra interpretazione che contemperi meglio i diversi parametri costituzionali in gioco (stabilità del giudicato formatosi, da una parte, e diritto di difesa, dall'altro), non è fuori luogo rammentare che a qualsiasi avvocato sia capitato di attendere il deposito di una sentenza civile per circa un anno o forse più (personalmente, lo scrivente ne attende una da un anno e 78 giorni).

Pare, quindi, che sia eccessivamente penalizzante imporre all'avvocato un onere di continua verifica dei registri di cancelleria: onere, peraltro, non codificato in alcuna norma.

E ciò anche tenuto conto dell'abrogazione dell'articolo 120 Disp. Att. c.p.c., rubricato [Pubblicazione delle sentenze], ad opera dell'art. 129 d.ls. 19 febbraio 1998, n. 51, il cui testo così recitava: «[I]. Le sentenze debbono essere depositate, a norma dell'articolo 133 del codice, non oltre il trentesimo giorno da quello della discussione della causa».

Tanto che la Corte di legittimità ha statuito che: "Per effetto dell'abrogazione dell'art. 120 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, ad opera dell'art. 129 d.lg. n. 51 del 1998, non sussiste più un termine procedurale per il deposito della sentenza nel giudizio ordinario, nè è in proposito analogicamente applicabile l'art. 430 c.p.c., che (così come già il citato art. 120 disp. att. c.p.c.) pone peraltro un termine meramente ordinatorio, la cui inosservanza non determina alcuna ragione di nullità del provvedimento" (Cassazione civile, sez. I, 03/10/2002, n. 14194).

A fortiori, poi, tale onere di verifica sarebbe impensabile con riferimento all'avviso di fissazione udienza, dalla cui omissione derivi, poi, a cascata, la mancata partecipazione all'udienza e la stessa conoscenza del successivo deposito della sentenza.

Ed allora, si può ricordare il (diverso) principio affermato dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 13319 del 26 maggio 2017, secondo cui l'omessa comunicazione alle parti, almeno 30 giorni liberi prima, dell'avviso di fissazione dell'udienza di discussione costituisce causa di nullità del procedimento e della sentenza della Commissione tributaria per violazione del diritto di difesa e del principio del contraddittorio.

Ed, in precedenza, altra sentenza aveva statuito che: "In tema di processo tributario, nelle controversie in cui non risulti applicabile l'istituto della rimessione in termini dell'art. 153, secondo comma, cod. proc. civ. (introdotto dalle legge 18 giugno 2009, n. 69), il termine lungo per l'impugnazione delle sentenze di cui al primo comma dell'art. 327 cod. proc. civ. decorre, per la parte cui non siano stati debitamente comunicati né l'avviso di trattazione dell'udienza (ex art. 22 del d.lgs. n. 546 del 1992), né il dispositivo della sentenza (ex art. 37 del d.lgs. cit.), dalla data in cui essa ha avuto conoscenza di tali sentenze" (Cassazione civile, sez. VI, 11/03/2013, n. 6048).

Ed, ancora: "L'istituto della rimessione in termini, previsto dall'art. 153, comma 2, c.p.c., come novellato dalla l. n. 69 del 2009, il quale opera anche con riguardo al termine per proporre impugnazione, richiede la dimostrazione che la decadenza sia stata determinata da una causa non imputabile alla parte, perché cagionata da un fattore estraneo alla sua volontà" (Cassazione civile, sez. un., 18/12/2018, n. 32725).

Conclusioni

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Non è in alcun modo tollerabile che in un settore così nevralgico del sistema giuridico si verifichino - più che revirement - veri e propri capovolgimenti interpretativi.

A mio sommesso avviso, nell'ipotesi di mancata comunicazione dell'avviso di fissazione udienza nonchè di mancata comunicazione dell'avviso di deposito della sentenza, non sia seriamente dubitabile che la sentenza non possa passare in giudicato: diversamente opinando, sarebbe come affermare che un imputato possa venire condannato senza potersi essere difeso in giudizio.

Non vedo, parimenti, ostacoli ad un'interpretazione giurisprudenziale che raggiunga i medesimi risultati nell'ipotesi di mancata comunicazione (solamente) dell'avvenuto deposito della sentenza.

E' d'altronde - attesa la perentorietà dei termini di impugnazione - sarebbe opportuno, de iure condendo, che si applicasse un meccanismo ricalcato sull'art. 585 c.p.p.: invero, nel codice di procedura penale, ove il deposito della motivazione non avvenga contestualmente al dispositivo, è previsto un meccanismo che differisce la decorrenza del termine per impugnare dalla scadenza del termine assegnato in sentenza per il deposito della motivazione; ove, poi, tale termine non venga rispettato, in tal caso è espressamente previsto che il termine decorrerà dal giorno in cui è stata eseguita la notificazione o la comunicazione dell'avviso di deposito.

Appare, quindi, opportuno, tenuto conto dell'orientamento giurisprudenziale restrittivo che si sta consolidando, che vengano espressamente normate le conseguenze delle mancate comunicazioni di cui sopra.

Avv. Paolo Calabretta

del Foro di Catania


Foto: 123rf
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