Si tratta di un principio invalicabile di affidabilità e lealtà nei rapporti interprofessionali, ma che tutela anche l'attuazione della sostanziale difesa dei clienti

di Lucia Izzo - L'art. 48 del nuovo codice deontologico forense, sancisce il divieto di produrre o riferire in giudizio la corrispondenza espressamente qualificata come riservata, nonché quella contenente proposte transattive scambiate con i colleghi. Tale norma è dettata a salvaguardia del corretto svolgimento dell'attività professionale e, salve le eccezioni previste espressamente, prevale persino sul dovere di difesa.


Proposta transattiva non producibile in giudizio

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Lo ha chiarito il Consiglio Nazionale Forense, nella sentenza n. 17/2019 (qui sotto allegata) rigettando il ricorso di un avvocato che era stato sanzionato dal COA con l'avvertimento per aver prodotto, nel corso del giudizio, una lettera proveniente da un collega contenente proposta transattiva, ed espressamente dichiarata come "riservata personale non producibile in giudizio".

Inutile per l'avvocato invocare a propria discolpa l'esigenza di perseguire la verità: non solo era emerso che egli non aveva ricevuto alcuna autorizzazione, neppure esplicita, dal collega, ma avrebbe potuto perseguire la verità ordinariamente, nell'ambito della dialettica processuale, senza necessità di violazione di una norma deontologica.

Divieto di produrre la corrispondenza scambiata con il collega

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La ratio del divieto fissato dall'art. 48 del Codice deontologico, spiega il Collegio si rinviene nella necessità di assicurare la libertà di corrispondenza tra colleghi e lo scambio di scritti tra loro senza riserve mentali o timori che possano essere oggetto di produzione o divulgazione in giudizio.

Sulla base di ciò la giurisprudenza ha evidenziato che il divieto opera in via assoluta e, quindi, in primo luogo, senza distinguere tra il mittente o il destinatario. In secondo luogo, si estende non solo alle comunicazioni espressamente dichiarate riservate, ma anche a quelle scambiate tra avvocati nel corso del giudizio, e quelle anteriori allo stesso, quando contengano espressioni di fatti, illustrazioni di ragioni e proposte a carattere transattivo, ancorché non dichiarate espressamente "riservate". Infine, opera anche a discapito del diritto di difesa.

Principio invalicabile di affidabilità e lealtà

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In particolare, la norma deontologica è stata dettata a salvaguardia del corretto svolgimento dell'attività professionale, con il fine di non consentire che leali rapporti tra colleghi potessero dar luogo a conseguenze negative nello svolgimento della funzione defensionale, specie allorché le comunicazioni ovvero le missive contengano ammissioni o consapevolezze di torti ovvero proposte transattive.

Ciò al fine di evitare la mortificazione dei principi di collaborazione che, per contro, sono alla base dell'attività legale. Pertanto, il divieto di produrre in giudizio la corrispondenza tra i professionisti contenente proposte transattive assume la valenza di un principio invalicabile di affidabilità e lealtà nei rapporti interprofessionali, quali che siano gli effetti processuali della produzione vietata.

Infatti, spiega il Consiglio, la norma mira a tutelare la riservatezza del mittente e la credibilità del destinatario, nel senso che il primo, quando scrive a un collega di un proposito transattivo, non deve essere condizionato dal timore che il contenuto del documento possa essere valutato in giudizio contro le ragioni del suo cliente; mentre, il secondo, deve essere portatore di un indispensabile bagaglio di credibilità e lealtà che rappresenta la base del patrimonio di ogni avvocato.

La norma, peraltro, non è posta a esclusiva tutela del legale emittente, ma anche all'attuazione della sostanziale difesa dei clienti che, attraverso la leale coltivazione di ipotesi transattive, possono realizzare una rapida e serena composizione della controversia.



Scarica pdf Consiglio Nazionale Forense, sent. n.17/2019

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