"In tema di revisione dell'assegno di divorzio, allorché a fondamento dell'istanza dell'ex coniuge obbligato, rivolta ad ottenere la totale soppressione del diritto al contributo economico, sia dedotto il miglioramento delle condizioni economiche dell'ex coniuge beneficiario, il giudice, ai fini dell'accoglimento della domanda, non può limitarsi a considerare isolatamente detto miglioramento, attribuendo ad esso una valenza automaticamente estintiva della solidarietà postconiugale, ma ? assumendo a parametro l'assetto di interessi che faceva da sfondo e da risultato al precedente provvedimento sull'assegno divorzile
? deve verificare se l'ex coniuge, titolare del diritto all'assegno, abbia acquistato, per effetto di quel miglioramento, la disponibilità di "mezzi adeguati", ossia idonei a renderlo autonomamente capace, senza necessità di integrazioni ad opera dell'obbligato, di raggiungere un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio". È quanto ha di recente stabilito la Suprema Corte (Sent. n. 18367/2006) la quale ha cassato il decreto con cui il giudice di merito aveva azzerato, su richiesta di un uomo, l'assegno di divorzio di cui era beneficiaria l'ex moglie adducendo un notevole accrescimento del patrimonio immobiliare della stessa determinatosi a seguito di acquisti mortis causa intervenuti in epoca successiva al divorzio
. I Giudici hanno altresì precisato che "ove a sostegno della richiesta di revisione dell'assegno di divorzio siano allegati sopravvenuti oneri familiari dell'obbligato (derivanti, nella specie, dalla nascita di due figli, generati dalla successiva unione), il giudice deve verificare se detta sopravvenienza determini un effettivo depauperamento delle sue sostanze, facendo carico all'istante - in vista di una rinnovata valutazione comparativa della situazione delle parti - di offrire un esauriente quadro in ordine alle proprie condizioni economico - patrimoniali".

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