La Cassazione precisa che ai fini dell'assegnazione della casa familiare occorre che il figlio trascorra stabilmente il suo tempo nell'abitazione

di Annamaria Villafrate - Con ordinanza n. 11844/2019 (sotto allegata) la Cassazione respinge il ricorso di una mamma in cui contesta la revoca dell'assegnazione della casa familiare e la riduzione del contributo al mantenimento per la figlia maggiorenne. Gli Ermellini motivano la loro decisione precisando che ai fini dell'assegnazione occorre che il figlio del genitore assegnatario dell'abitazione familiare viva stabilmente in essa, requisito che viene meno se torna a casa solo nei week end. In questo caso non si può parlare infatti di convivenza, ma di mera ospitalità.

La vicenda processuale

La Corte d'Appello rigetta il reclamo proposto da una mamma contro il provvedimento con cui il giudice di primo grado ha ridotto l'importo del contributo al mantenimento per la figlia maggiorenne e revocato l'assegnazione della casa familiare in favore della donna, a causa del trasferimento della ragazza all'estero. La donna ricorre in Cassazione contestando:

  • l'omessa valutazione da parte della Corte d'appello dei documenti dai quali risulta il carattere meramente temporaneo dell'allontanamento della figlia dal luogo di residenza;
  • la contraddittorietà della motivazione dal momento che prima il giudice ha considerato come sciolto il legame della giovane con la città di appartenenza, salvo poi riconoscere la frequenza con cui si recava presso l'abitazione familiare assegnata alla madre.

Casa familiare: ai fini dell'assegnazione serve collegamento stabile del figlio

La Cassazione con ordinanza n. 11844/2019 dichiara inammissibile il ricorso precisando, per quanto riguarda il secondo motivo d'impugnazione, che "la circostanza per cui la figlia maggiorenne si rechi con una certa frequenza presso l'abitazione materna non esclude la conclusione fattuale, di cui al decreto impugnato, secondo cui essa abbia trasferito il centro delle proprie attività ed interessi all'estero". Il carattere saltuario dell'utilizzo della casa familiare da parte della prole esclude che possa essere considerato come l'habitat domestico e il centro dei suoi affetti.

Occorre considerare come "la nozione di convivenza rilevante agli effetti dell'assegnazione della casa familiare comporti la stabile dimora del figlio presso l'abitazione di uno dei genitori, con eventuali, sporadici allontanamenti per brevi periodi e con esclusione, quindi della ipotesi di saltuario ritorno presso detta abitazione per i fine settimana, ipotesi nella quale si configura invece il rapporto di mera ospitalità; deve pertanto sussistere un collegamento stabile con l'abitazione del genitore, benché la coabitazione possa non essere quotidiana, essendo tale concetto compatibile con l'assenza del figlio anche per periodi brevi per motivi di studio o di lavoro, purché egli vi faccia ritorno regolarmente appena possibile, quest'ultimo criterio, tuttavia, deve coniugarsi con quello della prevalenza temporale dell'effettiva presenza, in relazione ad una determinata unità di tempo (anno, semestre, mese)."

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