La responsabilità per inadempimento imputabile, il modello generale e le sue eccezioni, la responsabilità ex recepto
Avv. Francesco Vinci - Breve guida alla responsabilità per inadempimento imputabile, al modello generale e le sue eccezioni e alla responsabilità ex recepto:


La responsabilità ex art. 1218 c.c.

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Per rapporto obbligatorio si intende la relazione intercorrente tra due o più soggetti, in cui uno o più debitori sono tenuti all'esecuzione di una prestazione determinata o determinabile, suscettibile di valutazione economica, nell'interesse di uno o più creditori.

Qualora il debitore non adempia la prestazione oggetto del rapporto obbligatorio, ovvero la adempia in modo inesatto, il creditore può chiedere il risarcimento del danno ai sensi dell'art. 1218 cod. civ.

Si tratta della c.d. responsabilità da inadempimento: l'art. 1218 cod. civ., invero, afferma che il debitore, in caso di mancata o inesatta esecuzione della prestazione dovuta, è tenuto al risarcimento del danno se non prova che l'inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile.

Dalla definizione codicistica di responsabilità per inadempimento si ricava dunque un elemento fondamentale per il criterio di imputazione della responsabilità: il debitore, per non incorrere in responsabilità, è tenuto alla prova dell'impossibilità della prestazione per causa a lui non imputabile.

Tuttavia, questa norma deve essere letta in stretta correlazione con l'art. 1176 cod. civ., il cui co. 1 statuisce che il debitore, nell'adempimento dell'obbligazione, deve usare la diligenza del buon padre di famiglia.

Si tratta di un parametro alla stregua del quale valutare la condotta del debitore nell'esecuzione della prestazione: per diligenza del buon padre di famiglia si intende, invero, ciò che è lecito attendersi da un soggetto secondo i valori dell'uomo medio in termini di accortezza, attenzione e premura alla luce delle caratteristiche tipiche della prestazione dedotta in obbligazione.

Oltre alla regola della diligenza, la previsione dell'art. 1218 cod. civ. si completa con quanto stabilito dall'art. 1256 cod. civ., secondo cui l'obbligazione si estingue quando, per causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile.

Pertanto, i criteri di imputazione della responsabilità da inadempimento sono sostanzialmente due: un criterio soggettivo identificato nella diligenza che il debitore deve tenere nell'esecuzione della prestazione; un criterio oggettivo da riscontrare nella causa non imputabile al debitore che ha reso impossibile la prestazione.

Il modello soggettivo e il modello oggettivo

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Si è largamente discusso in dottrina in merito a quale dei due criteri si dovesse tenere in considerazione per inquadrare il regime generale della responsabilità da inadempimento.

Invero, all'adesione ad uno dei due criteri di imputazione della responsabilità sopra riportati corrisponde un diverso contenuto dell'onere della prova dell'impossibilità da parte del debitore.

In caso di adesione al criterio soggettivo della diligenza, per esonerarsi da responsabilità il debitore è tenuto a provare la propria diligenza: invero, non può parlarsi di inadempimento qualora il debitore provi di aver eseguito diligentemente la prestazione, ciò che quindi non è stato sufficiente per far ottenere al creditore il risultato sperato.

Invece, aderendo al criterio oggettivo della causa non imputabile, la diligenza non basta: occorre che il debitore provi l'intervento di un fattore esterno, in termini di forza maggiore, caso fortuito o anche factum principis, che abbia determinato l'inadempimento della prestazione, non essendo sufficiente la prova della diligenza per liberarsi da responsabilità.

La dottrina e la giurisprudenza hanno accolto la tesi soggettiva della responsabilità da inadempimento, assegnando preminente rilievo al requisito della diligenza: diversamente, invero, perderebbe di significato la disposizione di cui all'art. 1176 co. 1 cod. civ.

Si configura, pertanto, un modello generale di responsabilità soggettiva per colpa presunta: tale presunzione può essere vinta dal debitore provando di aver adottato tutta la diligenza necessaria con riferimento alla prestazione dedotta in obbligazione e che, ciononostante, l'interesse del creditore non è stato soddisfatto.

Tuttavia, il criterio soggettivo e il criterio oggettivo non sono in antitesi tra loro: in ogni obbligazione, invero, si riscontra sempre sia una componente soggettiva, sia una componente oggettiva, entrambe da tenere in considerazione per valutare l'impossibilità della prestazione e quindi l'inadempimento.

Pertanto, fermo restando che il debitore deve eseguire diligentemente la prestazione, i due criteri non si escludono l'uno con l'altro, ma sono in costante dialogo tra loro e concorrono insieme alla valutazione dell'esecuzione della prestazione e quindi al giudizio sull'addebito di responsabilità nei confronti del debitore.

La distinzione tra obbligazioni di mezzi e obbligazioni di risultato

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Ciò si comprende meglio alla luce della tradizionale distinzione tra obbligazioni di mezzi e obbligazioni di risultato.

Per obbligazioni di mezzi si intendono quelle obbligazioni che hanno per oggetto una determinata condotta, esigibile da debitore, al fine di poter far conseguire al creditore il risultato sperato: ad essere dedotto in obbligazione non è il bene cui aspira il creditore, ma l'attività del debitore necessaria e idonea, pur se non sempre sufficiente, al conseguimento di quel bene.

Invece, nelle obbligazioni di risultato oggetto dell'obbligazione è direttamente l'utilità che il creditore vuole conseguire: non ha rilevanza in che modo o con quali mezzi il debitore si adoperi per l'esecuzione della prestazione, consistendo l'adempimento nel far conseguire al creditore il bene cui lo stesso aspira.

È evidente che, alla luce di tale distinzione, i due tipi di obbligazione accolgono modelli diversi di responsabilità: nelle obbligazioni di mezzi si accoglie il modello soggettivo della responsabilità per colpa presunta; nelle obbligazioni di risultato la responsabilità per inadempimento ha carattere oggettivo.

Nel primo caso, invero, ciò che si esige dal debitore è la tenuta di una condotta e la predisposizione di mezzi idonei al raggiungimento del risultato sperato dal creditore, pur se tale risultato tuttavia non faccia parte dell'oggetto del rapporto: per liberarsi da responsabilità, il debitore dovrà provare la propria diligenza nell'esecuzione dell'attività richiestagli, non essendo l'inadempimento a lui imputabile.

Qualora, invece, l'obbligazione sia di risultato, la responsabilità è in re ipsa per il solo fatto dell'inadempimento: il debitore risponde, a prescindere dalla diligenza impiegata, se non prova l'intervento di una causa indipendente dalla sua volontà che abbia provocato il mancato raggiungimento del risultato da parte del creditore.

Tuttavia, l'attuale tendenza della dottrina e di parte della giurisprudenza è nel senso di privare di valore pratico questa distinzione, sul rilievo che in ogni obbligazioni vi sia una componente di mezzi e una componente di risultato esigibile dal debitore: pertanto, la dicotomia tra obbligazioni di mezzi e obbligazioni di risultato avrebbe solo mero valore descrittivo.

La responsabilità professionale

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Ciononostante, la distinzione assume notevole rilevanza nel campo della responsabilità professionale: tale è la responsabilità da inadempimento del professionista intellettuale nell'esercizio della propria attività.

Il modello della responsabilità del professionista intellettuale si arricchisce, rispetto al modello generale di responsabilità, di due ulteriori caratteristiche previste a livello codicistico: la diligenza qualificata ex art. 1176 co. 2 cod. civ. e la responsabilità limitata ai casi di dolo o colpa grave qualora si tratti di prestazioni implicanti la soluzione di problemi di notevole difficoltà, ai sensi dell'art. 2236 cod. civ.

Invero, il co. 2 dell'art. 1176 cod. civ. impone al professionista una diligenza diversa e superiore rispetto a quella che è lecito attendersi dal buon padre di famiglia: ciò in ragione delle specifiche competenze tecniche detenute dal professionista, sulle quali il creditore/cliente fa affidamento per il conseguimento del bene cui lo stesso aspira.

Pertanto, è richiesta una diligenza qualificata che il professionista deve utilizzare nell'esecuzione delle prestazioni inerenti alla propria attività.

A far da contraltare a questa regola, vi è la previsione di cui all'art. 2236 cod. civ., dettata con riferimento al contratto di prestazione d'opera intellettuale: qualora la prestazione implichi la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d'opera non risponde dei danni se non in caso di dolo o colpa grave.

Si tratta dunque di un modello di responsabilità soggettiva aggravato dalla particolare e superiore diligenza richiesta al professionista, che tuttavia incontra un limite quando si tratti di prestazioni connotate da speciali difficoltà tecniche.

In questo senso, torna in auge la distinzione tra obbligazione di mezzi e obbligazioni di risultato, al fine di comprendere al meglio il regime della responsabilità professionale.

Invero, qualora l'attività richiesta al professionista non presenti caratteristiche tali da presupporre una notevole perizia e quindi una particolare competenza tecnica per l'esecuzione corretta della prestazione, in caso di inadempimento la colpa del professionista è in re ipsa, trattandosi di attività rientrante nell'esercizio ordinario dell'attività professionale.

Si tratta, ad esempio, delle prestazioni c.d. di routine, in cui la prestazione si caratterizza per il risultato che è lecito attendersi dallo svolgimento dell'attività richiesta: pertanto, oggetto dell'obbligazione è il risultato che professionista è tenuto a far conseguire al cliente, utilizzando la diligenza, prudenza e perizia che gli sono imposte.

Invece, qualora si tratti di prestazioni in cui al professionista è richiesto uno sforzo superiore, trattandosi di soluzioni di problemi di notevole difficoltà in cui il conseguimento del risultato non è certo o presenta comunque dei profili di aleatorietà, al professionista non può essere mosso alcun addebito di responsabilità se abbia utilizzato la diligenza e la prudenza richieste.

Pertanto, nel primo caso l'obbligazione è di risultato e il professionista è esonerato da responsabilità solo se prova l'intervento di una causa di forza maggiore o del caso fortuito che ha impedito l'adempimento, non bastando la sola diligenza; nel secondo caso, l'obbligazione è di mezzi e, dunque, il professionista è tenuto a provare la propria diligenza per andare esente da responsabilità, dipendendo il risultato sperato dal creditore da altri fattori imprevedibili, situati al di fuori delle capacità richieste al professionista.

La responsabilità ex recepto

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Si vede dunque come, nel giudizio di responsabilità, il requisito soggettivo della diligenza e il requisito oggettivo della causa non imputabile non siano aprioristicamente in contraddizione l'uno con l'altro, ma debbano essere considerati in stretto collegamento tra loro al fine della valutazione della condotta del debitore.

Ad ogni modo, l'ordinamento conosce anche specifiche ipotesi di responsabilità oggettiva, per cui il debitore risponde a prescindere dalla diligenza.

Un caso di responsabilità oggettiva previsto nel nostro ordinamento è la responsabilità per inadempimento dell'obbligazione di custodia, c.d. responsabilità ex recepto.

La custodia, normalmente, costituisce una prestazione accessoria all'interno dell'obbligazione principale di consegna, come generalmente affermato dall'art. 1177 cod. civ. secondo cui l'obbligazione di consegnare una cosa determinata include quella di custodirla fino alla consegna, ciò che avviene, ad esempio, nel contratto di trasporto.

Tuttavia, vi sono molteplici casi in cui l'obbligazione di custodia rappresenta il contenuto della prestazione principale dedotta in obbligazione: sono i casi, ad esempio, del contratto di deposito o del servizio di cassette di sicurezza.

In tutti questi casi, il modello di responsabilità dell'obbligato non è univoco, ma si differenzia a seconda delle particolari caratteristiche del soggetto tenuto alla custodia del bene.

Invero, le norme in tema di deposito in generale ex artt. 1766 e ss. cod. civ. configurano un modello di responsabilità del depositario avente carattere soggettivo: ai sensi dell'art. 1780 cod. civ., se la detenzione della cosa è tolta al depositario in conseguenza di un fatto a lui non imputabile, egli è liberato dall'obbligazione di restituire la cosa.

A supporto del modello di responsabilità soggettiva per colpa vi è la previsione di cui all'art. 1768 cod. civ., per cui il depositario deve usare nella custodia la diligenza del buon padre di famiglia e, secondo il co. 2, se il deposito è gratuito, la responsabilità per colpa è valutata con minor rigore.

Alla luce di queste disposizioni, dunque, non solo la norma fa espressamente riferimento alla responsabilità per colpa e quindi alla mancanza di diligenza, ma richiede anche un grado di diligenza diverso a seconda che il deposito sia a titolo gratuito ovvero a titolo oneroso.

Tuttavia, il modello di responsabilità cambia quando il depositario sia un soggetto dotato di particolari qualità professionali che facciano sorgere in capo al creditore depositante un legittimo affidamento circa la sicurezza dei beni depositati e la regolare esecuzione dell'obbligazione di custodia.

Sono i casi, ad esempio, del deposito in albergo ex art. 1783 cod. civ., del deposito nei magazzini generali ex art. 1787 cod. civ., del servizio bancario delle cassette di sicurezza ex art. 1839 cod. civ. ed anche del trasporto di cose ex art. 1683 cod. civ., in cui l'obbligazione di custodia ha carattere accessorio rispetto all'obbligazione principale di consegna.

In tutti questi casi, la responsabilità del debitore si configura in termini oggettivi, a prescindere dalla diligenza, per il solo fatto della perdita, deterioramento o distruzione della cosa oggetto di deposito: il soggetto obbligato può andare esente da responsabilità solo se prova l'incidenza di un fattore dal medesimo non governabile né prevedibile, come la forza maggiore o il caso fortuito.

Ciò si spiega in quanto il soggetto tenuto alla custodia, in questi casi, è un soggetto che professionalmente esercita questo tipo di attività e, pertanto, la diligenza impostagli richiede che il medesimo appronti tutte le misure necessarie per far fronte, in termini di prevedibilità, agli eventi che possano rendere impossibile o difficoltosa l'esecuzione della prestazione.

Così, nel caso di trasporto di cose, ai sensi dell'art. 1693 cod. civ. il vettore è responsabile della perdita o dell'avaria delle cose se non prova che tali avvenimenti siano derivati da caso fortuito, dalla natura o dai vizi delle cose stesse o del loro imballaggio o dal fatto del mittente o da quello del destinatario.

Nel caso di deposito in albergo, ai sensi dell'art. 1785 cod. civ., l'albergatore non è responsabile quando il deterioramento, la distruzione o la sottrazione della cosa sono dovuti al cliente, a forza maggiore o alla natura della cosa.

Nel caso di deposito nei magazzini generali, questi sono responsabili della conservazione della merce a meno che si provi che la perdita, il calo o l'avaria è derivata da caso fortuito, dalla natura delle merci ovvero da vizi di esse o dell'imballaggio, ex art. 1787 cod. civ.

Infine, nel servizio delle cassette di sicurezza, la banca risponde ex art. 1839 cod. civ. per l'idoneità e la custodia dei locali e per l'integrità della cassetta, salvo il caso fortuito.

In conclusione, la responsabilità ex recepto costituisce un esempio di responsabilità da inadempimento aggravata dall'evento: non dunque un tipo di responsabilità rientrante nel modello generale della colpa, ma una responsabilità di tipo oggettivo per il solo fatto della perdita, deterioramento o distruzione del bene oggetto di custodia.

Avv. Francesco Vinci

francesco.vinci@gmail.com


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