Le anticipazioni del rapporto Svimez raccontano di un Meridione trainato sostanzialmente dagli investimenti privati. Grande assente il contributo della spesa pubblica

di Gabriella Lax - Il Sud, negli ultimi anni, è andato avanti grazie agli investimenti privati, mentre manca il contributo della spesa pubblica. A raccontarlo è la Svimez, nelle anticipazioni del rapporto 2018 presentate a Roma.

L'economia del Sud trainata dagli investimenti privati

Secondo i dati anticipati da Svimez, per il Sud lo scorso anno la ripresa, anche se molto lentamente, è aumentata. Tuttavia, dovesse concretizzarsi un contesto di grande incertezza nel 2019, il Sud rischierebbe una grande frenata. Il recupero dell'anno precedente è rimasto parziale e la leggera ripresa è stata possibile grazie agli investimenti dei privati, mentre è mancato il contributo della spesa pubblica.

Nell'anno in corso il Pil del Centro-Nord dovrebbe crescere dell'1,4%, di più rispetto al Sud (+1%). I consumi totali interni fanno la differenza in relazione alle dinamiche territoriali (+1,2% nel Centro-Nord e + 0,5% nel Sud), in particolare i consumi della Pa, che segnano +0,5% nel Centro-Nord e -0,3% nel Mezzogiorno. Nel 2019 però si rischia un forte rallentamento dell'economia meridionale: la crescita del prodotto sarà pari a +1,2% nel Centro-Nord e+0,7%al Sud.

Lavoro, crescono i precari. Boom di disoccupati al Sud

Logica conseguenza sono le 600mila famiglie senza lavoro e il contestuale aumento del lavoro precario. Un numero di famiglie con tutti i componenti in cerca di occupazione che, dal 2010 al 2018 è raddoppiato, passando da 362 mila a 600 mila, con 470 mila solo nel Centro-Nord. Le zone più in difficoltà le grandi periferie urbane che, come riporta la Svimez rappresentano «sacche di crescente emarginazione e degrado sociale, che scontano anche la debolezza dei servizi pubblici».

Drammatica la situazione nel Meridione: basse qualifiche, bassa retribuzione i giovani sono tagliati fuori. A farne le spese i giovani under 35: con «il saldo negativo di 310 mila occupati tra il 2008 e il 2017 al Sud è la sintesi di una riduzione di oltre mezzo milione di giovani tra i 15 e i 34 anni (-578 mila), di una contrazione di 212 mila occupati nella fascia adulta 35-54 anni e di una crescita concentrata quasi esclusivamente tra gli ultra 55enni (+470 mila unità). Insomma, «si è profondamente ridefinita la struttura occupazionale, a sfavore dei giovani».

E, in questo contesto, inevitabile la fuga dei giovani che, «Negli ultimi 16 anni hanno lasciato il Mezzogiorno» e sono stati «1 milione e 883 mila residenti: la metà giovani di età compresa tra i 15 e i 34 anni, quasi un quinto laureati, il 16% dei quali si è trasferito all'estero. Quasi 800 mila non sono tornati».


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