Anche l'attività dei testimoni di Geova predicatori deve rispettare la normativa europea sulla privacy

di Valeria Zeppilli - La tutela della privacy, negli ultimi anni, è divenuta una faccenda assai delicata, per il dilagare degli strumenti che rischiano di mettere a repentaglio la riservatezza dei cittadini. Tuttavia, anche le attività "tradizionali" possono avere a che fare in maniera pericolosa con i dati personali altrui e, quindi, non possono esimersi dal rispettare la normativa europea sulla privacy. Tra di esse, rientra il tipico porta a porta praticato dai testimoni di Geova.

A testimonianza di come la questione non sia affatto di poco conto basti guardare alla sentenza qui sotto allegata con la quale, il 10 luglio 2018, la Grande Sezione della Corte di giustizia dell'Unione Europea ha chiuso la causa C-25/17.

La vicenda

La questione era sorta in conseguenza del divieto imposto dalla Commissione finlandese alla comunità religiosa dei testimoni di Geova di raccogliere o trattare dati personali senza rispettare i requisiti imposti dalla normativa sulla privacy.

La scelta era legata alla tipica attività dei membri predicatori che, svolgendo il classico porta a porta, prendono appunti e raccolgono informazioni personali che poi vengono utilizzati, senza il consenso degli interessati, per fissare delle visite successive.

I testimoni di Geova non sono eccezioni

Interessata della questione, la Corte di giustizia ha quindi sancito che per i testimoni di Geova non è possibile derogare alle norme UE in materia di protezione dei dati personali, posto che la loro predicazione "non costituisce un'attività esclusivamente personale o domestica alla quale il diritto dell'Unione non si applica".

La normativa sulla privacy, in ogni caso, entra in gioco solo se i dati trattati manualmente sono destinati a configurare in un archivio, dovendosi intendere per tale, secondo la Corte, "ogni insieme di dati personali raccolti nell'ambito di un'attività di predicazione porta a porta e contenente nomi, indirizzi e altre informazioni riguardanti le persone contattate porta a porta". Non servono invece schedari, elenchi specifici o altri sistemi di ricerca.

Chi è il responsabile del trattamento

La Corte di giustizia, infine, ha precisato che il responsabile del trattamento dei dati personali effettuato nell'ambito di un'attività di predicazione porta a porta incoraggiato da una comunità religiosa può essere identificato nella comunità stessa, congiuntamente ai suoi membri predicatori. A tal fine non è necessario che la comunità abbia accesso a tali dati né si deve per forza dimostrare che essa ha fornito ai propri membri istruzioni scritte o incarichi relativamente al trattamento.

CGUE testo sentenza 10 luglio 2018
Valeria Zeppilli

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