Le regole generali dell'istituto dell'assegnazione temporanea, tratte dai più noti principi giurisprudenziali in materia
Avv. Francesco Pandolfi - Prima di addentrarci nell'aspetto specifico relativo all'applicabilità dell'art. 42 bis d. lgs. n. 151/01 al mondo militare, vale la pena ricordare la regola di fondo che disciplina l'istituto, ideato per una più efficace protezione della famiglia con prole.

Il genitore con figli minori fino a tre anni di età dipendente di amministrazioni pubbliche può essere assegnato, a richiesta, anche in modo frazionato e per un periodo complessivamente non superiore a tre anni, ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale l'altro genitore esercita la propria attività lavorativa, subordinatamente alla sussistenza di un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva e previo assenso delle amministrazioni di provenienza e destinazione. L'eventuale dissenso va motivato e limitato a casi o esigenze eccezionali; l'assenso o il dissenso devono essere comunicati all'interessato entro trenta giorni dalla domanda.

Anche le Forze Armate e di Polizia beneficiano della norma

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Il solco giurisprudenziale, specie amministrativo, ormai è tracciato: una lettura estensiva dell'art. 1493 del codice ordinamento militare ci dice che la disposizione dell'art. 42 bis vale anche per il personale delle Forze Armate e delle Forze di polizia.

La portata di questo particolare istituto è stata analizzata mediante il paziente lavoro interpretativo della magistratura amministrativa di primo e secondo grado, giungendo a ripetute affermazioni del criterio in diverse sentenze che hanno chiuso favorevolmente i processi a favore dei militari ricorrenti, i quali si erano visti negare il beneficio.

In che cosa consiste il beneficio

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L'art. 42 bis da la possibilità al pubblico dipendente, con un figlio di età inferiore a tre anni, di chiedere l'assegnazione ad una sede di servizio nella stessa provincia o regione nella quale l'altro genitore esercita la propria attività lavorativa.

C'è sempre stato un acceso dibattito sulla natura di questo beneficio; la discussione in dottrina si è sviluppata sulla possibilità di etichettarlo come un vero e proprio diritto del dipendente.

Diciamo che, anche dopo la novella operata dall'art. 14 co. 7 L. n. 124/2015, esso non costituisce un diritto incondizionato, ma rimane rimesso ad una valutazione relativamente discrezionale dell'amministrazione (militare) ed è soggetto ad una doppia condizione: la disposizione lo consente subordinatamente alla sussistenza di un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva e previo assenso delle amministrazioni di provenienza e di destinazione.

Come superare i motivi ostativi dell'amministrazione

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Dopo la modifica del 2015 dell'art. 42 bis D. Lgs. 151/01, non è consentito che le semplici difficoltà organizzative dell'amministrazione (carenza di organico) rappresentino motivi ostativi al riconoscimento del beneficio.

Infatti l'istituto è stato introdotto per una più efficace tutela dei minori: si tratta in pratica di una norma che fa da schermo e protezione a valori essenziali di respiro costituzionale, per cui eventuali limitazioni o restrizioni nella relativa applicazione vanno espressamente e congruamente motivate.

Anzi, di più: il dissenso delle amministrazioni di provenienza e di destinazione deve essere limitato a casi o ad esigenze eccezionali, comprovanti l'indispensabilità e/o l'insostituibilità delle funzioni svolte dal dipendente per le esigenze organizzative dell'amministrazione (che ne risentirebbe, teoricamente, fino ad arrivare ad un vero e proprio pregiudizio).

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Si occupa principalmente di Diritto Militare in ambito amministrativo, penale, civile e disciplinare ed и autore di numerose pubblicazioni in materia.
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