Per la Cassazione se il medico viola gli obblighi informativi sarà sempre risarcibile il il danno da lesione del diritto di autodeterminazione del paziente

di Lucia Izzo - La lesione del diritto al consenso informato dà luogo a conseguenze dannose risarcibili correlate al diritto di autodeterminazione del paziente: in particolare, nella sua normalità, la violazione degli obblighi informativi genera, quale danno-conseguenza, la sofferenza e la contrazione della libertà del paziente di disporre di se stesso.


Tale danno si considera plausibilmente una conseguenza automatica (secondo l'id quod plerumque accidit) dalla violazione dell'obbligo informativo e ne consegue che la risarcibilità non esigerà una specifica prova che, invece, resta necessaria in relazione alle ulteriori conseguenze dannose che non rientrano nella normale sequenza causale.


La dimostrazione del nesso causale tra danno e violazione rimane necessaria anche nel caso in cui il paziente affermi che la violazione dell'obbligo di acquisire un consenso informato abbia determinato (anche) un danno alla salute.


Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, terza sezione civile, nell'ordinanza n. 11749/2018 (qui sotto allegata) a seguito del ricorso di paziente che aveva chiesto il risarcimento dei danni a lui occorsi a seguito di un intervento di chirurgia oftalmica effettuato presso una clinica.


In particolare, questi sosteneva che il medico avesse violato l'obbligo di renderlo edotto, tramite il consenso informato, del tipo di intervento, dei suoi rischi e delle possibili complicanze. La domanda viene, tuttavia, rigettata dai giudici di merito e per tali ragioni il paziente agisce in Cassazione, dolendosi del mancato riconoscimento del risarcimento.

Consenso informato: diritto della persona e obbligo del sanitario

Gli Ermellini, nell'accogliere in parte il ricorso, ricostruiscono l'importanza del consenso informato quale espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico. Per i giudici, questo si configura quale vero e proprio diritto della persona che trova fondamento nei principi espressi dalla Costituzione e viene riconosciuto da numerose norme nazionali e internazionali.


L'obbligo del sanitario di acquisire il consenso informato del paziente costituisce, pertanto, legittimazione e fondamento del trattamento, atteso che, senza la preventiva acquisizione di tale consenso, l'intervento del medico è sicuramente illecito, anche quando è nell'interesse del paziente. Eccetto che nei casi di trattamento sanitario per legge obbligatorio o in cui ricorra uno stato di necessità.


Ancora, spiega la Corte, l'obbligo informativo del medico è correlato al diritto fondamentale del paziente all'espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario propostogli che potrà realizzarsi solo ove questi sia informato della natura dell'intervento, nonché in ordine alla portata dei possibili e probabili risultati conseguibili e delle implicazioni verificabili.

L'inadempimento dell'obbligo di acquisizione del consenso informato, per i giudici, assume autonoma rilevanza ai fini dell'eventuale responsabilità risarcitoria del sanitario.

Se, da un lato, l'inesatta esecuzione del trattamento medicoterapeutico determina la lesione del diritto alla salute (art. 32, primo comma, Cost.), l'inadempimento dell'obbligo di acquisizione del consenso informato determina la lesione del diritto fondamentale all'autodeterminazione del paziente (art. 32, secondo comma, Cost.) che può configurarsi anche in assenza di danno alla salute, allorché l'intervento terapeutico abbia un esito assolutamente positivo.

Consenso informato: la lesione (anche) del diritto alla salute

Tuttavia, il provvedimento evidenzia come la lesione della salute potrebbe causalmente essere collegata anche alla violazione dell'obbligo informativo, ad esempio quando l'intervento sanitario, non preceduto da un'adeguata informazione sui possibili effetti pregiudizievoli non imprevedibili, pur essendo stato correttamente eseguito in base alle regole dell'arte, determini conseguenze dannose per la salute.


In tal caso la violazione del dovere di informazione provoca sia un danno da lesione del diritto all'autodeterminazione, in sé considerato, che un danno alla salute causalmente riconducibile alla mancata corretta informazione (non all'inesatta esecuzione della prestazione sanitaria) allorchè debba ragionevolmente ritenersi che, se questa fosse stata data, il paziente avrebbe deciso di non sottoporsi all'intervento e di non subirne le conseguenze invalidanti.


In quest'ultimo caso, sarà tuttavia necessario provare il nesso causale tra il danno alla salute e la violazione dell'obbligo di acquisire il consenso informato: il medico potrà essere, quindi, chiamato al risarcimento solo se il paziente dimostri, anche tramite presunzioni, che, ove compiutamente informato, egli avrebbe verosimilmente rifiutato l'intervento, non potendo altrimenti ricondursi all'inadempimento dell'obbligo di informazione alcuna rilevanza causale sul danno alla salute.

Lesione diritto all'autodeterminazione: l'autonoma rilevanza risarcitoria

Questa prova non è invece necessaria ai fini dell'autonoma risarcibilità del danno da lesione del diritto all'autodeterminazione in sé considerato. Infatti, la Cassazione ha osservato che dalla violazione dell'obbligo informativo si verificano una serie di conseguenze dannose, una delle quali statisticamente corrisponde a una normale conseguenza secondo l'id quod plerumque accidit.


Di norma, a causa di tale violazione, il paziente perde la possibilità di esercitare consapevolmente una serie di scelte, tra cui quella di non sottoporsi all'intervento o quella di non sottoporvisi immediatamente oppure, ancora, quella di indirizzarsi altrove per la sua esecuzione. Tale perdita non solo concreta una privazione della libertà di autodeterminarsi circa la sua persona fisica, ma determina anche una sofferenza psichica nel paziente.

Per la Cassazione, al rilievo che il danno-conseguenza rappresentato dalla sofferenza e dalla contrazione della libertà di disporre di se stesso corrisponde allo sviluppo di circostanze connotate da normalità e all'id quod plerumque accidit in seguito alla violazione dell'obbligo informativo, consegue che la risarcibilità di tali perdite non esige una specifica prova.

In conclusione, mentre resta necessaria una specifica dimostrazione delle ulteriori conseguenze dannose che non rientrano nella sequenza causale normale, non occorrerà alcuna prova specifica relativamente al danno-conseguenza costituito dalla sofferenza e dalla contrazione della libertà di disporre di sé, ferme restando la possibilità di contestazione della controparte e quella del paziente di allegare e provare fatti a sé ancor più favorevoli di cui intenda giovarsi a fini risarcitori.

Cass., III civ., ord. n. 11749/2018

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