Per le Sezioni Unite entrambi i formati di firma digitale sono validi ed efficaci anche nel processo civile in Cassazione senza eccezione alcuna

di Lucia Izzo - Secondo il diritto dell'UE e le norme, anche tecniche, di diritto interno, le firme digitali di tipo CAdES e di tipo PAdES, sono entrambe ammesse ed equivalenti, sia pure con le differenti estensioni <*.p7m> e <*.pdf>, e devono, quindi, essere riconosciute valide ed efficaci, anche nel processo civile di cassazione, senza eccezione alcuna.

Si tratta del principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione nella sentenza n. 10266/2018 (qui sotto allegata) che si sono pronunciate su una censura questione riguardante la ritualità della notifica di un controricorso.

Parte ricorrente riteneva che, poiché i file allegati al messaggio di PEC avessero estensione <*.pdf> e non <*.p7m> si sarebbero dovuti ritenere privi di firma digitale, ma trattasi, secondo i giudici del Supremo Consesso, di una doglianza inammissibile.

Secondo il diritto dell'UE, spiega la Cassazione, le firme digitali di tipo CAdES, ovverosia CMS (Cryptographic Message Syntax) Advanced Electronic Signatures, oppure di tipo PAdES, ovverosia PDF (Portable Document Format) Advanced Electronic Signature, sono equivalenti e devono essere riconosciute e convalidate dai Paesi membri, senza eccezione alcuna.

In altri termini, al fine di garantire una disciplina uniforme della firma digitale nell'Unione Europea, sono stati adottati degli standards europei mediante il cd. "regolamento eIDAS" (electronic IDentification, Authentication and trust Services, ovverosia il Reg. UE, n. 910/2014, cit.) e la consequenziale decisione esecutiva (Comm. UE, 2015/1506, cit.), che impongono agli Stati membri di riconoscere le firme digitali apposte secondo determinati standards tra i quali figurano sia quello CAdES sia quello PAdES.

Firma digitale: valide ed efficaci sia CAdES che PAdES

Passando alla realtà nazionale, invece secondo i documenti ufficiali dell'Agenzia per l'Italia Digitale, la firma digitale è il risultato di una procedura informatica (detta validazione) che garantisce l'autenticità e l'integrità di documenti informatici conferendo, altresì, le peculiari caratteristiche di autenticità, integrità e non ripudio.

La stessa Agenzia, spiegano le Sezioni Unite, precisa che la firma digitale in formato CAdES, dà luogo un file con estensione finale <*.p7m> e può essere apposta a qualsiasi tipo di file, ma per visualizzare il documento oggetto della sottoscrizione è necessario utilizzare un'applicazione specifica.

Invece, la firma digitale in formato PAdES, più nota come "firma PDF", è un file con normale estensione <*.pdf>, leggibile con i comuni readers disponibili per questo formato; inoltre prevede diverse modalità per l'apposizione della firma, a seconda che il documento sia stato predisposto o meno ad accogliere le firme previste ed eventuali ulteriori informazioni, il che rende sì il documento più facilmente fruibile, ma consente di firmare solo documenti di tipo PDF.

Anche l'Agenzia, quindi, certifica la piena equivalenza, riconosciuta a livello europeo, delle firme digitali nei formati CAdES e PAdES. Dunque, secondo la normativa nazionale, la struttura del documento firmato può essere indifferentemente PAdES o CAdES. Il certificato di firma è inserito nella busta crittografica, che è pacificamente presente in entrambi gli standards abilitati

In conclusione, per i gli Ermellini, si deve escludere che le disposizioni tecniche tuttora vigenti (pure a livello di diritto dell'UE) comportino in via esclusiva l'uso della firma digitale in formato CAdES, rispetto alla firma digitale in formato PAdES.

Né, sottolinea il Collegio, sono ravvisabili elementi obiettivi, in dottrina e prassi, per poter ritenere che solo la firma in formato CAdES offra garanzie di autenticità, laddove il diritto dell'UE e la normativa interna certificano l'equivalenza delle due firme digitali, egualmente ammesse dall'ordinamento sia pure con le differenti estensioni <*.p7m> e <*.pdf>.

Cass. Sezioni Unite Civili, sent. 10266/2018

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