Quali sono le conseguenze nel caso in cui, presentato un ricorso amministrativo per ottenere l'annullamento di un provvedimento e il relativo risarcimento, si obliteri la richiesta risarcitoria
di Enrico Pattumelli - Una società ricorreva davanti al Tar Liguria contro il Comune di Genova, impugnando il provvedimento di diniego di un permesso di costruire e, congiuntamente, chiedendo il risarcimento del danno cagionato.

Nel corso del giudizio parte resistente eccepiva l'improcedibilità della domanda di annullamento a fronte delle modifiche apportate alla disciplina urbanistica mentre, parte ricorrente, insisteva per ottenere l'accertamento dell'illegittimità ai fini risarcitori ex art. 34 co 3 cpa.

La sentenza di primo grado si concludeva dichiarando il ricorso improcedibile per carenza di interesse, omettendo di pronunciarsi sulla domanda risarcitoria e compensando le spese di lite tra le parti.

Avverso tale pronuncia la società soccombente agiva in appello, lamentando l'omessa pronuncia sulla domanda risarcitoria.

Si sosteneva come la questione risarcitoria fosse stata presentata congiuntamente a quella di annullamento e afferisse il danno cagionato dall'illegittimità del provvedimento e dal comportamento tenuto dal Comune.

Il rapporto tra azione risarcitoria e azione di annullamento

L'art. 34 c. 3 cpa prevede che il giudice amministrativo, anche qualora non vi sia più interesse della parte ad ottenere l'annullamento, accerti l'illegittimità dell'agere amministrativo per i fini risarcitori.

La succitata disposizione evidenzia come non sempre l'annullamento amministrativo sia necessario e indispensabile per poter disporre il risarcimento del danno.

Richiamando le conclusioni dell'Adunanza Plenaria 4/2015, azione di annullamento e di risarcimento sono azioni autonome e distinte tra loro, differenziandosi per petitum, causa petendi e scopo sotteso alle stesse.

Nello specifico l'azione di annullamento si fonda sull'illegittimità del provvedimento per restaurare l'ordine violato ad opera del giudice disponendone l'annullamento; l'azione di risarcimento si giustifica a fronte dell'illiceità del fatto, al fine di ottenere la condanna al risarcimento, in forma generica o specifica, su ordine del giudice.

Le conseguenze della mancata pronuncia sulla domanda risarcitoria

L'omesso esame della domanda risarcitoria comporta la regressione della causa al primo giudice oppure costituisce un vizio della sentenza impugnata che il giudice di appello è legittimato ad eliminare, integrando la motivazione o decidendo comunque nel merito?

Il nodo della questione si concentra sulla necessità di distinguere il concetto di censura da quello di autonoma domanda.

La decisione del Consiglio di Stato

La sentenza relativa alla vicenda in commento (Consiglio Stato n. 1535/2018 sotto allegata) ha concluso che siffatta situazione comporti l'annullamento parziale della sentenza impugnata con rinvio al giudice di primo grado.

L'obliterazione non di una semplice censura ma di un'intera domanda, come nel caso di specie quella risarcitoria, avente carattere distinto e autonomo rispetto quella di impugnazione, costituisce un'ipotesi di annullamento con rinvio.

Siffatta omissione corrisponde ad una declinazione della giurisdizione e lede il diritto di difesa di parte ricorrente.

Tali rilievi permettono di affermare la piena operatività di quanto previsto dall'art. 125 cpa.

La norma appena richiamata permette altresì di affermare come nel processo amministrativo, a differenza di quello civile, l'integrale violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato comporta la prevalenza del principio del doppio grado di giurisdizione rispetto al principio devolutivo.

Sarà dunque cura del giudice del rinvio vagliare l'illegittimità del provvedimento, valutare le eccezioni di parte resistente e decidere altresì sull'eventuale ristoro economico.

Consiglio di Stato, n. 1535/2018

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