Il Consiglio Nazionale Forense chiarisce le ipotesi in cui la notifica dell'atto di precetto, senza preavviso al collega, viola il Codice deontologico

di Lucia Izzo - Pone in essere un comportamento disciplinarmente rilevante e in contrasto con il principio di colleganza l'avvocato che, richiesto dal collega di controparte di quantificare l'importo dovuto dal suo cliente, non dia alcuna risposta, ma notifichi l'atto di precetto.


La violazione deontologico (ex art. 19 NCDF) è integrata anche dal professionista che, in mancanza di tale richiesta avversaria e in assenza altresì di un effettivo, immediato e concreto pericolo temporale per la tutela del diritto del proprio assistito, proceda in tempi estremamente solleciti dal deposito della sentenza, alla notifica dell'atto di precetto senza alcuna previa informale richiesta di adempimento spontaneo, così determinando sia un ingiustificato aggravio di spese per il debitore, sia un ingiustificato nocumento all'immagine professionale del collega di controparte agli occhi della propria assistita.

Lo ha precisato il Consiglio Nazionale Forense nella sentenza del 24 novembre 2017, n. 185 (qui sotto allegata) pronunciandosi sul ricorso di un avvocato al quale il competente COA aveva comminato la sanzione disciplinare dell'avvertimento.

La vicenda

A ingenerare il procedimento disciplinare e la successiva sanzione era stato l'esposto di un altro avvocato che aveva rappresentato una serie di comportamenti scorretti del ricorrente.


Questi evidenziava che, nonostante la s.r.l. debitrice (assistita dall'esponente) avesse manifestato la disponibilità di adempiere spontaneamente, ancorchè in data successiva a quella posta come termine ultima dall'avvocato ricorrente, quest'ultimo aveva posto in essere tutta una serie di atti prodromici all'azione esecutiva, aggravando la posizione debitoria della società.


Per il COA tale condotta, pur non esplicitamente prevista e sanzionata, si sarebbe posta in contrasto con il principio, espresso dall'art. 49 del Codice (art. 66 NCDF), del divieto di aggravio della situazione debitoria della controparte con iniziative onerose non corrispondenti ad effettive ragioni di tutela della parte assistita, che ben può ritenersi estensibile all'ipotesi di avvio dell'azione esecutiva (con la notifica del precetto), pur a fronte della rassicurazione circa un pronto pagamento.


Ancora, sarebbero stati violati altresì i doveri di lealtà e correttezza, cui si deve sempre ispirare l'azione dell'avvocato, espressi dal codice deontologico forense.


In realtà, evidenzia il CNF, dall'esame delle risultanze processuali emerge che il ricorrente aveva notificato il dispositivo della decisione chiedendo, anche a mezzo fax rivolto al collega, se vi fosse volontà di adempimento spontaneo.


Tuttavia, A seguito della comunicata assenza per ferie dell'avvocato esponente, l'incolpato aveva rinnovato il pagamento dell'importo dovuto in base alla sentenza provvisoriamente esecutiva indicando un ultimo termine di adempimento. Inoltre, prima di far apporre la formula esecutiva il ricorrente aveva inviato un ulteriore fax al collega dopo averlo ricercato telefonicamente.


Non è risultato, invece, che l'avvocato esponente avesse espressamente richiesto i conteggi della somma dovuta ai fini di un adempimento spontaneo e immediato, né formulato una offerta idonea a escludere la mora del debitore.

Atto di precetto: preavviso al collega solo se espressamente dichiarata la volontà di saldare il debito

Secondo la giurisprudenza de CNF, il precetto costituisce un'intimazione formale di adempiere nel termine dilatorio prescritto dalla legge e l'avvocato non sarà tenuto a preavvertire il difensore della controparte soccombente della intenzione di porre in esecuzione la sentenza, salvo che non sia stato espressamente richiesto dei conteggi della somma dovuta ai fini dell'adempimento spontaneo e immediato.


Non integrerà, dunque, alcun illecito deontologico (sotto il profilo della slealtà e della scorrettezza), il comportamento del professionista che, mediante intimazione di precetto di pagamento, dia esecuzione alla sentenza nei confronti della parte soccombente senza preventivamente avvertire i Colleghi avversari.


Un tale obbligo, precisa il Consiglio, dovrà ritenersi sussistente solo quando il difensore della controparte

abbia dichiarato la proprio volontà di saldare il debito e abbia espressamente richiesto i conteggi della somma dovuta ai fini dell'adempimento spontaneo e immediato-

Per altro verso, soggiunge la giurisprudenza, il precetto di pagamento è di per sé, e per volontà del legislatore, l'esatto contrario della slealtà, costituendo l'invito (precedente il processo di esecuzione cui è esterno) ad adempiere nel termine dilatorio che deve concedersi prima di dar corso all'esecuzione.

Nel caso di specie, considerando il preavviso a mezzo fax formulato dal difensore del creditore, il principio di colleganza non risulta violato, non potendosi pretendere, spiega il Consiglio, che il creditore munito di credito basato su titolo esecutivo attenda "sine die" la disponibilità del debitore ad adempiere.


Ancora, visti gli atti, va escluso che il collega esponente abbia posto in essere una condotta volta a evidenziare un adempimento "spontaneo ed immediato" dovendosi quindi ritenere legittima la notifica del precetto alla controparte.


Nella fattispecie esaminata, concludono i giudici, neppure vi è stata un'offerta idonea a escludere la mora debendi che (ex art. 1220 c.c.) deve essere reale ed effettiva, occorrendo, cioè, che rivesta i caratteri della serietà, tempestività e completezza e consista nell'effettiva introduzione dell'oggetto della prestazione dovuta nella sfera di disponibilità del creditore, nei luoghi indicati dall'art. 1182 c.c. per l'adempimento dell'obbligazione, sicché quest'ultimo possa aderirvi limitandosi a ricevere la prestazione stessa, senza ulteriori accordi.

CNF, sent. n. 185/2017

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