Disciplina, presupposti e giurisprudenza sull'esercizio dell'azione di restituzione contro i terzi acquirenti ex art. 563 c.c.

Avv. Giampaolo Morini - Chi ha subito una pronuncia di riduzione ed ha alienato a terzi i beni oggetto della disposizione ridotta, non può opporre ai terzi acquirenti la sentenza di riduzione: per ottenere la restituzione di detti beni, il legittimario deve proporre un'ulteriore domanda nei confronti dei terzi acquirenti[1].

Azione di restituzione contro i terzi acquirenti: nozione e natura giuridica

L'azione di restituzione ha in effetti natura reale, poiché non viene esperita contro soggetti predeterminati ma persegue il bene nei confronti di ogni subacquirente[2].

Secondo autorevole dottrina, non è invocabile né la Né la preventiva escussione dei beni del gratificato, che è piuttosto una condizione dell'azione, e né la facoltà del terzo di liberarsi pagando l'equivalente in denaro, prevista dal 3° co. dell'art. 563 c.c., in quanto trattasi di diritto di riscatto del bene, che pone in essere un fatto estintivo dell'azione[3].

Deve tuttavia segnalarsi che a seguito della modifica della norma in commento, apportata dalla L. 14.5.2005, n. 80, ha notevolmente temperato l'originaria portata della disposizione, per favorire la circolazione dei beni donati[4].

L'azione di restituzione è ora esperibile solo entro venti anni dalla trascrizione della donazione; decorso tale termine - e salvo quanto previsto dal nuovo 4° comma che esamineremo tra breve - il legittimario, esperita vittoriosamente l'azione di riduzione - non può più ottenere dal terzo avente causa del donatario la restituzione degli immobili, ma solo il pagamento, a carico del donatario, dell'equivalente in denaro, con la conseguenza che l'incapienza del patrimonio di quest'ultimo comporta di fatto l'impossibilità per il legittimario di soddisfare i suoi crediti.

La disciplina ex art. 563 c.c.

L'art. 563 c.c. si applica anche alle donazioni fatte da eredi testamentari o da legatari[5].

L'orientamento è confermato dalla Suprema Corte, secondo cui: "Poichè per il disposto dell'art. 563 c.c. in caso di lesione di legittima, il terzo acquirente dei beni donati può liberarsi dall'obbligo di restituzione in natura dei medesimi pagando l'equivalente in danaro, il legittimario a seguito del favorevole esperimento prima dell'azione di riduzione e poi di quella di restituzione, non può considerarsi entrato a far parte della comunione ereditaria, con la conseguente possibilità di esercitare la prelazione e il riscatto" (C., Sez. II, 22.3.2001, n. 4130).

Non rilevano, ai fini dell'azione regolata dalla norma in commento, le alienazioni effettuate da singoli coeredi dopo l'apertura della successione (C., 13.11.1982, n. 6052).

I presupposti per l'esercizio dell'azione di restituzione contro i terzi acquirenti

I requisiti sono:

a) una sentenza di riduzione (passata in giudicato) contro l'erede, il donatario o il legatario;

b) l'avvenuta alienazione traslativa del bene da parte del beneficiario della disposizione ridotta (per quelle costitutive si applica l'art. 561 c.c.);

c) la preventiva escussione dei beni del soggetto contro il quale è stata pronunciata la riduzione: se questi non è più in possesso della cosa è tenuto a pagarne l'equivalente, e solo la sua insolvenza rende possibile agire contro il terzo acquirente.

Sussistenti i citati presupposti il legittimario può chiedere la restituzione dei beni ai terzi acquirenti, nel modo (artt. 560, 561, 748 c.c.) e nell'ordine (artt. 555, 2° co., e 559 c.c.) in cui potrebbe chiederla ai destinatari delle disposizioni ridotte. Per effetto della riforma, ulteriore presupposto dell'azione di restituzione, contro gli aventi causa dei donatari, è il mancato decorso del termine di venti anni dalla trascrizione della donazione sul quale è intervenuto nuovamente il legislatore con l'art. 3, L. 28.12.2005, n. 263, che ha opportunamente sostituito l'espressione venti anni dalla donazione (introdotta dalla L. 14.5.2005, n. 80) con venti anni dalla trascrizione della donazione.

Il nuovo 4° comma dell'art. 563 c.c. prevede che il decorso del predetto termine ventennale rimane sospeso nei confronti del coniuge e dei parenti in linea retta del donante, che abbiano notificato e trascritto, nei confronti del donatario e dei suoi aventi causa, un atto stragiudiziale di opposizione alla donazione: il diritto di opposizione è personale e rinunziabile. L'opposizione ha effetto per vent'anni dalla sua trascrizione, dopo di che perde effetto se non viene rinnovata.

L'atto di opposizione, ha carattere negoziale e recettizio, oltre che formale (la forma minima della scrittura privata autenticata è necessaria per la trascrizione), e produce il proprio effetto (unicamente a favore di chi l'ha compiuto) solo una volta che sia stato notificato e trascritto: la notifica sembra debba intendersi, in senso lato, quale attività diretta a produrre la conoscenza di un atto in capo al destinatario, e quindi non dovrebbe necessitare di particolari forme. L'effetto della opposizione è quello di non far decorrere, nei confronti dell'opponente, il termine ventennale così da consentirgli di riservarsi la possibilità di ottenere in futuro, e senza termine, la restituzione dei beni donati così come previsto nel regime previgente. La mancata opposizione fa invece decorrere il termine, che potrebbe peraltro essere poi sospeso per effetto dell'opposizione fatta in un momento successivo. La rinunzia alla facoltà di opposizione ha l'effetto di precludere al rinunziante, definitivamente la possibilità di opporsi alla donazione, vale a dire di provocare la sospensione del termine ventennale. Come già detto, decorsi vent'anni dalla trascrizione della donazione l'atto di opposizione può essere rinnovato: si tratta di un onere a carico dell'opponente, idoneo ad attribuire efficacia, per un ulteriore ventennio, all'atto di opposizione: in mancanza, l'opposizione fatta a suo tempo perde i suoi effetti, con la conseguenza che i termini che avevano sospeso il loro corso riprendono a decorrere

La giurisprudenza sull'azione di riduzione contro i terzi acquirenti

La giurisprudenza ha precisato che legittimati passivi sono coloro che, nell'eventuale serie dei trasferimenti del bene, sono proprietari o possessori dello stesso al momento dell'esercizio dell'azione.

L'azione di riduzione, ancorché si concluda con l'attribuzione di beni determinati al legittimario, ha come legittimato passivo soltanto il beneficiario della disposizione lesiva della legittima, e non anche i possessori dei beni con cui questa dev'essere reintegrata, i quali sono invece, legittimati passivi della diversa azione di restituzione, conseguente al vittorioso esperimento dell'azione di riduzione (C., Sez. II, 17.5.1980, n. 3243).

Legittimati passivi dell'azione di restituzione ex art. 563 c.c. sono coloro che, nella eventuale serie dei trasferimenti dell'immobile, sono proprietari al momento dell'esercizio dell'azione di restituzione (C., 19.10.1960, n. 2824).

La preventiva escussione dei beni del destinatario della disposizione ridotta non si ritiene necessaria se costui è nullatenente (C., 19.10.1960, n. 2824).

Trascrizione della domanda di riduzione e diritti del terzo acquirente

Ai sensi degli artt. 2652, n. 8, e 2690, n. 5, c.c. il diritto del terzo acquirente di beni immobili (o di mobili registrati) prevale su quello del legittimario alla restituzione qualora l'atto di acquisto del primo sia a titolo oneroso e sia stato trascritto dieci anni (o tre anni, per i mobili registrati) prima della trascrizione della domanda di riduzione.

In tal senso, il tribunale di Napoli (sentenza 22.2.1990), secondo cui: "Il legittimario che ha proposto l'azione di riduzione di una donazione e che ha trascritto la domanda entro dieci anni dall'apertura della successione, non ha interesse ad agire in revocatoria contro i terzi acquirenti del bene donato che hanno trascritto l'atto di acquisto prima della trascrizione della domanda suddetta; egli infatti, se vittorioso in riduzione, riceve piena tutela con l'esperimento dell'azione (reale) di restituzione prevista dall'art. 563 c. c.".

Se la domanda di riduzione è successiva all'acquisto del terzo, il legittimario che ha agito in riduzione deve proporre contro l'acquirente una nuova domanda di restituzione, e il terzo potrà chiedere l'applicazione delle norme poste a sua salvaguardia. Nel caso in cui la trascrizione della domanda di riduzione è precedente a quella dell'atto di acquisto, si applica il principio dell'art. 111 c.p.c., cosicché la sentenza pronunciata contro il donatario alienante ha effetto anche contro l'avente causa: La trascrizione della domanda di riduzione di una donazione lesiva della legittima, eseguita entro i dieci anni dall'apertura della successione e anteriormente a quella del titolo di acquisto, rende opponibile all'acquirente dal donatario la sentenza che dispone la riduzione della donazione (C., 14.2.1966, n. 442). Inoltre il terzo acquirente è tenuto alla restituzione dei frutti, che sono dovuti con decorrenza dal giorno della domanda di riduzione e non da quello della domanda di restituzione: I frutti degli immobili, da restituire, a norma dell'art. 563 c.c., dagli aventi causa dal donatario, convenuti in giudizio per la restituzione successivamente al passaggio in giudicato della pronuncia relativa alla riduzione della donazione, sono dovuti con decorrenza dal giorno della domanda di riduzione e non da quello della domanda di restituzione (C., 18.3.1961, n. 613).

La restituzione dei beni mobili

Se oggetto della disposizione ridotta sono cose mobili, la legge fa salvi gli effetti del possesso di buona fede (artt. 1153 ss. c.c.). La norma non fa alcun riferimento ad un acquisto a non domino, poiché il terzo può avere acquistato quando il suo dante causa era ancora proprietario: in tal caso la buona fede del terzo consisterà non già nell'ignorare l'altruità della cosa, ma nel non prevedere la sopravvenienza della riduzione è largamente ritenuto che la buona fede possa giovare anche ai terzi acquirenti di immobili o mobili iscritti in pubblici registri, i quali possono quindi invocare l'usucapione abbreviata.

La facoltà di riscatto in capo al terzo acquirente

Il terzo acquirente ha la facoltà di liberarsi dall'obbligo di restituire i beni in natura pagandone l'equivalente in denaro: secondo la dottrina non si tratta di una obbligazione con facoltà alternativa, ma di un diritto potestativo di riscatto del bene mediante il pagamento del suo valore venale, in virtù del quale il terzo riacquista la proprietà del bene.

Secondo la giurisprudenza, invece, la norma prevederebbe un'ipotesi di obbligazione con facoltà alternativa. Il terzo acquirente dal donatario di bene immobile "può essere convenuto in giudizio dal legittimario leso che abbia preventivamente esperito l'azione di riduzione nei confronti del donatario ed escusso infruttuosamente i beni di lui, esclusivamente per la restituzione dell'immobile e non per il pagamento dell'equivalente in denaro (nella specie: fissato dal precedente giudicato contro il donatario)" (C., 12.9.1970, n. 1392).

Il valore del bene deve essere determinato non secondo le regole di calcolo della legittima, bensì con riguardo al momento della sentenza che accoglie la domanda di restituzione (C., Sez. II, 23.10.2001, n. 13003).

Nel contratto preliminare avente ad oggetto beni donati soggetti a riduzione, non si può ritenere idonea garanzia contro il pericolo di rivendica (cfr. art. 1481 c.c.) l'offerta di deposito del prezzo di vendita fatta al promissario acquirente dal promittente venditore, nella sua qualità di donatario soggetto a riduzione (C., 24.5.1979, n. 2997).

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[1]Bianca, Diritto civile, II, 3ª ed., Milano, 2001, 621 ss.; in argomento cfr. anche Drago, Effetti dell'esperimento dell'azione di riduzione della donazione per lesione di legittima nei confronti del terzo acquirente, in VN, 1983, 732 ss..

[2] Capozzi, Successioni e donazioni, 2ª ed., I, Milano, 2002, 317 ss..

[3] Mengoni, Successioni per causa di morte. Parte speciale. Successione necessaria, 4ª ed., in Tratt. Cicu, Messineo, Milano, 2000, 314 ss..

[4] Busani, L'atto di «opposizione» alla donazione (art. 563, comma 4, cod. civ.), in RDC, 2006, II, 17 ss.; Tagliaferri, La riforma dell'azione di restituzione contro gli aventi causa dai donatari soggetti a riduzione, in Not, 2006, 168 ss.; Vitucci, Tutela dei legittimari e circolazione dei beni acquistati a titolo gratuito, in RDC, 2005, I, 555 ss..

[5] Cattaneo, La vocazione necessaria e la vocazione legittima, in Tratt. Rescigno, 2ª ed., 5, I, Torino, 1997, 467, il quale, esattamente, precisa che la disciplina riguarda sia i beni immobili che i beni mobili.


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