Per la Cassazione il reato ex art. 660 c.p. non può prescindere da una dimensione temporale del fenomeno che raggiunga una certa consistenza

di Lucia Izzo - Non è integrato il reato di molestia per l'invio di 9 sms nel giro di un'ora: in una simile situazione, infatti, è esclusa la condotta continuata e prolungata nel tempo trattandosi, invece, di un un'unica occasione in ambito temporale circoscritto. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, quinta sezione penale, nella sentenza n. 52585/2017 (qui sotto allegata).


In appello, la ricorrente era stata assolta per il reato ex art. 594 c.p. (Ingiuria) poiché non più previsto come tale dalle legge, mentre era stato dichiarato il non doversi procedere per quello di molestia (ex art. 660 c.p.), estinto per prescrizione, riduceva altresì l'entità del risarcimento dei danni a favore della parte offesa.


Inoltre, nel dichiarare l'estinzione del reato, il giudice a quo aveva evidenziato l'invio di 6 sms ingiuriosi in tre minuti, mentre il capo di imputazione aveva cristallizzato l'accusa riferendosi a soli tre sms in un'ora, in orari consoni e normali. Secondo la difesa, tuttavia, sarebbero mancati i requisiti indispensabili per la configurazione delle molestie della petulanza e ripetitività.

Niente molestia per pochi sms inviati in unica occasione in un ambito temporale circoscritto

La Cassazione ritiene, in particolare, di accogliere questa seconda parte della censura: non è possibile, precisano gli Ermellini, ravvisare l'elemento oggettivo della molestia ex art. 660 c.p. nell'invio di un numero ridotto di messaggi (tre, secondo la contestazione, nove secondo l'accertamento contenuto in sentenza) in un ambito temporale assolutamente circoscritto (un'ora circa) e in un'unica occasione.


La norma, precisa la Corte, punisce la molestia commessa col mezzo del telefono, e quindi anche se posta in essere attraverso l'invio di «short messages system» (SMS) trasmessi attraverso sistemi telefonici mobili o fissi.


Tuttavia, per la configurazione dell'elemento oggettivo della contravvenzione in parola è pur sempre necessaria una significativa intrusione nell'altrui sfera personale che assurga al livello di "molestia o disturbo" ingenerato dall'attività di comunicazione di per sé, a prescindere dal suo contenuto, che non può prescindere da una dimensione temporale del fenomeno che raggiunga una certa consistenza.


Pertanto, la Cassazione annulla la sentenza impugnata senza rinvio perché il fatto di cui all'art. 660 c.p. e provvede, altresì, a revocare le statuizioni civili.

Cass., V sez. pen., sent. 52585/2017

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