Per la Cassazione non integra il reato di molestie il comportamento non abituale e non petulante

di Lucia Izzo - Non integra il reato di molestie il comportamento di chi fotografa i condòmini per documentare violazioni del regolamento condominiale, a meno che non si tratti di un comportamento abituale e petulante.


Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, prima sezione penale, nella sentenza n. 18539/2017 (sotto allegata), ritenendo insussistente il reato di molestie, ex art. 660 del codice penale, per il quale era stato condannato l'imputato in sede di merito.


A questi si contestava di aver arrecato molestie alle sue vicine di casa, fotografandole mentre transitavano nei pressi dello stabile condominiale, come dichiarato dalle parti e suffragato da altri testimoni.


In particolare, questi ultimi avevano riferito dell'ossessione dell'imputato per il rispetto delle regole condominiali, tanto da essere solito scattare foto con lo scopo di cogliere e documentare eventuali infrazioni al regolamento.


Per il giudice di merito, i continui appostamenti sul balcone della propria abitazione, allo scopo di cogliere in fallo condomini e visitatori, costituivano una condotta connotata dal requisito della petulanza, ossia da quel modo di agire pressante, insistente, indiscreto, sicuramente idoneo a interferire nella sfera della quiete e della libertà delle persone, ledendola.


Per la difesa dell'imputato, invece, non sussisterebbero gli estremi del reato contestatogli, che si configurerebbe in presenza di una condotta invasiva della sfera altrui, tenuta per petulanza o altro biasimevole motivo, mentre le parti lese hanno riferito che il vicino le aveva fotografate in modo fulmineo e senza alcuna ostentazione.

Fotografare i vicini non integra il reato di molestie

Secondo gli Ermellini la sentenza impugnata ha sostanzialmente affermato che la molestia e il disturbo arrecato alle persone offese non dipendeva dalla natura o gravità dei comportamenti singolarmente riferibili all'imputato, bensì dalla loro asserita abitualità.


Per i giudici di legittimità, invece, da un lato, è escluso che i due singoli episodi denunziati, di per sé presi e singolarmente valutati, fossero idonei a integrare distinte fatti di molestie e, dall'altro, non può certamente ritenersi abituale una condotta che si è realizzata in danno delle singole parti lese una sola volta.


Inoltre, se una delle due vicine evidenziava che le era stata scattata all'improvviso una foto dall'imputato affacciato al balcone, mentre si recava presso una ricevitoria antistante la sua abitazione, l'episodio riferito dall'altra testimone non attuava nemmeno la contestata azione molesta, avendo la donna riferito solo che l'imputato si era affacciato con la macchina fotografica in mano, ma non anche che le aveva scattato una fotografia.

Attenzione alle interferenze illecite nella vita altrui

Le molestie ex art. 660 c.p., dunque, si realizzano solo se la condotta di chi fotografa è ripetuta e connotata da petulanza, ossia dall'agire in modo pressante, impertinente, vessatorio, interferendo nell'altrui sfera di libertà. Nessun reato, pertanto, se, come nel caso recentemente esaminato dagli Ermellini, lo scatto è isolato e fugace.


A fotografare i vicini, tuttavia, si rischia di incorrere anche in un'altra fattispecie di reato, ovverosia quella prevista dall'art. 615-bis c.p., anche se i privati scelgono di avvalersi degli scatti o delle riprese per segnalare all'amministratore o nell'assemblea condominiale gli indisciplinati.


Tuttavia, il reato scatta solo laddove ci si procuri indebitamente le immagini attinenti alla vita privata, che si svolge nei luoghi di cui all'art. 614 c.p. (abitazione, dimora, pertinenze), ledendo così la privacy familiare (per approfondimenti: E' lecito scattare fotografie senza consenso?), ma non se i vicini si trovano nella loro abitazione, ma risultino agevolmente visibili dall'esterno.


Per la Cassazione, sent. 18035/2012, non attenta alla privacy chi riprende (o fotografa) il vicino che non ha "protetto" casa sua da occhi indiscreti: la tutela del domicilio, infatti, è limitata a ciò che si compie in luoghi di privata dimora in condizioni tali da renderlo tendenzialmente non visibile a estranei, mentre se l'azione, pur svolgendosi in luoghi di privata dimora, può essere liberamente osservata senza ricorrere a particolari accorgimenti, il titolare del domicilio non può vantare alcuna pretesa al rispetto della riservatezza.


Cassazione, sentenza n. 18539/2017

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