L'applicabilità del reato di interferenze illecite nella vita privata

Avv. Francesca Servadei - Le scale del condominio ed il pianerottolo, non prevedono la tutela di cui all'articolo 615 del codice penale, in quanto sono destinati ad uso indeterminato di persone non assolvendo quindi funzione di luoghi di privata dimora. Questo è quanto statuito dalla V Sezione della Corte di Cassazione (con sentenza n. 34151/2017). 

Leggi in merito: Condominio: la telecamera sul pianerottolo non è reato 

La fattispecie decisa dalla Cassazione

Due coniugi venivano condannati in primo grado per il reato di cui all'articolo 615 del Codice Penale (Interferenze illecite nella vita privata) per aver installato una telecamera in aderenza al muro del pianerottolo condominiale, nella parte contigua alla propria abitazione. Il dispositivo in questione inquadrava una porzione del pianerottolo, nonché la rampa delle scale e buona parte del pianerottolo condominiale. In sede di appello i coniugi vengono assolti per insussistenza del fatto.Tale decisione viene confermata dalla Corte di Cassazione la quale ha asserito che la telecamera non ha ripreso alcun spazio privato. Nello specifico viene confermato che il pianerottolo condominiale non è inteso quale privata dimora e quindi non riconducibile al significato che il codice penale ne dà all'articolo 614 (Violazione di domicilio).

L'applicabilità del reato di interferenze illecite nella vita privata

Gli Ermellini di Piazza Cavour sostengono che il reato di Interferenze illecite nella vita privata trova applicazione nei luoghi indicati ai sensi dell'articolo 614 del Codice Penale, cioè nei luoghi di privata dimora, nelle abitazioni e nelle appartenenze di esse, quindi nelle loro pertinenze, come per esempio un giardino.

A detta della Suprema Corte, scale e pianerottoli condominiali non assolvono la funzione di esplicazione della vita privata perché destinati ad un uso indeterminato di persone e pertanto non vi sono estremi di reato ai sensi dell'articolo 615 del Codice Penale, così come già statuito da diverse pronunce (cfr., ex plurimis, Cass. n. 5991/2006; n. 44701/2008).

Nonostante quanto statuito dalla citata sentenza potrebbero nascere delle violazioni in materia di protezione dei dati personali ed inoltre il Garante della privacy non sempre si è allineato a quanto statuito dalla Suprema Corte.

Problematiche possono nascere nel caso in cui il condomino installi telecamere per la videosorveglianza per le aree comuni: in tal ambito è necessario che si rispetti quanto previsto dal Codice della privacy. Questi obblighi si concretizzano per esempio nel dare avvertimento del dispositivo mediante cartelli, ovvero mantenere le immagini per un arco temporale di 24-48 ore. La materia è pertanto assai delicata e nelle installazione i privati devono rispettare non solo quanto previsto del citato codice, ma anche le disposizioni dell'articolo 615 del Codice Penale, la cui inosservanza prevede un salato regime sanzionatorio.

Sull'argomento si è espressa anche la Corte di Giustizia, la quale ha affermato che l'articolo 3, paragrafo 2, secondo trattino, della Direttiva 95/46/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995 deve avere la seguente interpretazione: un sistema di videosorveglianza non costituisce un trattamento dei dati per l'esercizio di attività di carattere meramente personale o domestico. Per i giudici europei la nozione di dati personali deve essere interpretata come quella indicata nell'articolo 2), lettera a) della Direttiva 95/46/CE, ovverosia qualsiasi informazione concernente una persona fisica identificata o identificabile.

Avv. Francesca Servadei

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