Il condizionatore non è strumentale all'attività di albergo. Confermata dalla Cassazione la sussistenza del reato previsto dall'art. 659 c.p.

Avv. Paolo Accoti - L'art. 659 c.p. dispone che, chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche, ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici, è punito con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a euro 309. Si applica l'ammenda da 103 euro a 516 euro a chi esercita una professione o un mestiere rumoroso contro le disposizioni della legge o le prescrizioni dell'Autorità.

Condizionatore rumoroso: la sentenza della Cassazione

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 39883, pubblicata in data 4 settembre 2017 (sotto allegata), conferma che la norma, al primo e al secondo comma, prevede due autonome fattispecie di reato, a seconda della provenienza del rumore.

Qualora questo venga generato dall'esercizio di una professione o di un mestiere rumorosi, risulta applicabile il secondo comma del predetto articolo 659 Cp, peraltro, ora depenalizzato, viceversa, nel caso in cui le immissioni rumorose vengano generate al di fuori dell'attività lavorativa, risulta applicabile il primo comma, tutt'ora in vigore.

In virtù di ciò la Suprema Corte conferma la sentenza di condanna di un albergatore, reo di aver disturbato le occupazioni e il riposo di alcuni condòmini (art. 659, 1° comma Cp), a causa delle immissioni rumorose provenienti dal climatizzatore installato sopra il tetto dell'albergo.

La stessa ha avuto modo di precisare che per ritenere la sussistenza della fattispecie prevista dal secondo comma dell'art. 659 Cp, ora considerata mero illecito amministrativo, i rumori devono essere originati <<da elementi strettamente connessi, strumentali e necessari all'esercizio dell'attività medesima>>, tuttavia, per quanto concerne il climatizzatore al servizio della struttura alberghiera, lo stesso non può <<configurare una fonte rumorosa ex se strumentale all'attività alberghiera>>.

Esclusa la sussistenza del solo illecito amministrativo (art. 659, 2° comma Cp), la Corte di Cassazione, nel rigettare sul punto il ricorso, ricorda i principi per cui <<l'affermazione di responsabilità per la fattispecie de qua non implica, attesa la natura di reato di pericolo presunto, la prova dell'effettivo disturbo di più persone, essendo sufficiente l'idoneità della condotta a disturbarne un numero indeterminato (per tutte, Sez. 3, n. 8351 del 24/6/2014); dell'ulteriore principio, del pari consolidato, per cui l'attitudine dei rumori a disturbare il riposo o le occupazioni delle persone non va necessariamente accertata mediante perizia o consulenza tecnica, di tal ché il Giudice ben può fondare il proprio convincimento su elementi probatori di diversa natura, quali le dichiarazioni di coloro che sono in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti dei rumori percepiti, sì che risulti oggettivamente superata la soglia della normale tollerabilità (per tutte, Sez. 3, n. 11031 del 5/2/2015, a mente della quale in tema di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, l'effettiva idoneità delle emissioni sonore ad arrecare pregiudizio ad un numero indeterminato di persone costituisce un accertamento di fatto rimesso all'apprezzamento del giudice di merito, il quale non è tenuto a basarsi esclusivamente sull'espletamento di specifiche indagini tecniche, ben potendo fondare il proprio convincimento su altri elementi probatori in grado di dimostrare la sussistenza di un fenomeno in grado di arrecare oggettivamente disturbo della pubblica quiete)>>.

Per completezza occorre ricordare che, ai fini della valutazione della condotta penalmente rilevante, la giurisprudenza ritiene sia necessario verificare l'effettiva idoneità della condotta, secondo una valutazione da compiere in concreto ed ex ante, ad arrecare disturbo al riposo o alle occupazioni di un numero indeterminato di persone (Cass. pen. n. 7748/2012; n. 44905/2011; n. 246/2007).

Da un punto di vista probatorio, la reale esistenza della situazione di pericolo per la quiete pubblica può essere raggiunta anche sulla scorta delle dichiarazioni degli stessi soggetti disturbati (Cass. pen. n. 11031/2015; Cass. pen. n. 23529/2014), con valutazione compiuta alla stregua di un parametro di comune esperienza ma, tuttavia, <<idoneo a dimostrare la sussistenza di un fenomeno in grado di arrecare oggettivamente disturbo della pubblica quiete>> (Cass. pen. 1746/2017).


Cass. pen. n. 4.09.2017, n. 39883
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