I requisiti del contratto collegato e i limiti dell'autonomia negoziale

Avv. Giampaolo Morini - È frequente che la banca proponga al correntista di ripianare un saldo negativo di conto corrente mediante erogazione di un mutuo ipotecario: tale operazione è sempre legittima?

La risposta è negativa qualora il contratto di mutuo, erogato al solo fine di azzerare l'apparente saldo debitore esistente sul c/c debba ritenersi illegittimo in quanto viziato da nullità derivanti da violazione della l. 108/1996, applicazione di commissioni non previste, interessi anatocistici o non convenuti, o applicati in misura diversa da quella pattuita in violazione dell'art. 118 TUB.

Per poter sostenere la nullità del contratto di mutuo in una ipotesi come quella citata è necessario dimostrare che il rapporto di conto corrente e di mutuo rappresentano negozi collegati (ricorrerebbe l'ipotesi di contratto complesso in presenza di contratti formalmente distinti, ma accomunati tuttavia dalla presenza di un'unica causa. Tale relazione crea una interdipendenza delle singole prestazioni, ovvero, pur essendo, ognuna di esse, formalmente indipendente dalle altre, è in realtà rivolta al raggiungimento di un unico intento negoziale. In definitiva, nel caso prospettato, le singole operazioni di c/c, convivono, senza interferenze con le prestazioni periodiche oggetto del contratto di mutuo: pertanto non ci troviamo di fronte ad un contratto complesso).

Contratto complesso e contratto collegato

Evitando di esaminare le altre opzioni ermeneutiche (si pensi all'ipotesi della simulazione o del negozio in frode alla legge), è necessario ricostruire la fattispecie del negozio collegato, rilevando, tuttavia, che trattasi di figura con profili similari a quella del contratto complesso, in quanto in entrambi i casi, vi è una pluralità di prestazioni tra di loro connesse, con la differenza sostanziale che mentre nel contratto complesso tali prestazioni sono riconducibili ad un unico rapporto, fondato su di una unica causa, nel contratto collegato le singole prestazioni sono autonomamente inquadrabili in distinti schemi causali, seppur tra loro funzionalmente connessi.

Chiarita, in linea generale, la figura del contratto collegato, rileva ora il decidente, in armonia al consolidato orientamento del S.C, che "perché possa configurarsi un collegamento negoziale in senso tecnico, che impone la considerazione unitaria della fattispecie anche ai fini della nullità dell'intero procedimento negoziale per illiceità del motivo o della causa ai sensi degli artt. 1344 e 1345 c.c, è necessario che ricorra sia il requisito oggettivo, costituito dal nesso teleologico tra i negozi, che il requisito soggettivo, costituito dal comune intento pratico delle parti, pur se non manifestato in forma espressa, di volere non solo l'effetto tipico dei singoli negozi in concreto posti in essere, ma anche il collegamento ed il coordinamento tra di essi per la realizzazione di un fine ulteriore".

Venendo ora al caso in esame, bisogna appurare se sussistono entrambi i presupposti richiesti dalla figura del collegamento negoziale.

Requisito oggettivo

Quanto al requisito oggettivo, ovvero il nesso teleologico tra i negozi, è necessario provare che la somma erogata con il mutuo è andata a ripianare (o quasi) il saldo negativo di conto corrente. Provato ciò, ossia l'effettiva destinazione della somma mutuata, può senz'altro affermarsi la sussistenza del nesso teleologico tra il contratto di mutuo e quello di c/c, nel senso che il primo è stato stipulato non già per una mera causa di finanziamento, ma al solo fine di estinguere una pregressa passività di c/c.

Requisito soggettivo: la presupposizione

Venendo ora al requisito soggettivo, rappresentato, dal "comune intento pratico delle parti, pur se non manifestato in forma espressa, di volere non solo l'effetto tipico dei singoli negozi in concreto posti in essere, ma anche il collegamento ed il coordinamento tra di essi per la realizzazione di un fine ulteriore", va osservato che esso difficilmente si palesa in forma espressa, tuttavia, la giurisprudenza ci insegna che il comune intento pratico non si deve necessariamente esteriorizzare in un atto scritto: si potrà ricorrere all'istituto della presupposizione, da "intendersi come figura giuridica che si avvicina, da un lato, ad una particolare forma di "condizione", da considerarsi implicita e, comunque, certamente non espressa nel contenuto del contratto e, dall'altro, alla stessa "causa" del contratto, intendendosi per causa la funzione tipica e concreta che il contratto è destinato a realizzare; il suo rilievo resta dunque affidato all'interpretazione della volontà contrattuale delle parti, da compiersi in relazione ai termini effettivi del negozio giuridico dalle medesime stipulato".

Più in particolare, "la presupposizione è configurabile solo quando dal contenuto del contratto risulti che le parti abbiano inteso concluderlo subordinatamente all'esistenza di una data situazione di fatto che assurga a presupposto della volontà negoziale, la mancanza del quale provoca la caducazione del contratto".

I limiti dell'autonomia negoziale: la nullità

Orbene, rilevati i presupposti oggettivo e soggettivo come sopra, emerge quale in concreto fosse l'operazione economica posta in essere dalle parti: non quello di creare una provvista in favore del correntista, per finalità di finanziamento, bensì utilizzare detta provvista per la realizzazione di un fine ulteriore e trascendente quello, proprio, del finanziamento stesso. Il collegamento economico-funzionale tra i due contratti appare oltremodo evidente.

In particolare, occorre valutare se la combinazione negoziale soddisfi comunque il requisito di liceità del negozio, o se detta combinazione miri piuttosto ad aggirare un qualche divieto posto da norme imperative di legge. Nel qual caso, allora, si imporrebbe la sanzione di nullità, trattandosi di negozio realizzato in frode alla legge (art. 1344 c.c.), ossia di negozio mirante alla realizzazione di una finalità pratica vietata dall'ordinamento giuridico.

Naturalmente, ai fini di tale valutazione, occorre guardare alla causa concreta perseguita dai contraenti.

L'operazione descritta tuttavia non è necessariamente illecita, in fondo i due contratti sono di uso comune e il collegamento rappresenta una esplicazione dell'autonomia negoziale delle parti: stipulare un negozio con finalità estintiva di un debito pregresso, è di per sé un'operazione lecita. Ma se il contratto di conto corrente, e quindi il relativo saldo è viziato da rilievi di nullità, generando quindi un saldo illegittimo? In questo caso, potrà essere eccepito, anche in sede di opposizione all'esecuzione, la nullità del contratto di mutuo per effetto del collegamento negoziale tra il contratto di mutuo e di conto corrente.

Avv. Giampaolo Morini

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