Il Governo ha presentato ai sindacati la proposta "salva-precari". Chiuso il confronto sulla possibilità di bloccare l'innalzamento dell'età pensionistica

di Gabriella Lax - Un assegno minimo da 600 euro che può arrivare fino a 680 per i giovani che andranno in pensione con il contributivo, anche se i premi versati non sono sufficienti a garantirlo, con una riduzione quindi della soglia prevista. Su questa scia si è aperto ieri il confronto tra Governo e sindacati sulle pensioni, chiuso con la presentazione della proposta dell'esecutivo alla triplice.

In pensione prima di 70 anni e assegno di garanzia per i giovani: la proposta del Governo

L'idea del ministro del lavoro Poletti presentata al vertice tra il governo

e i leader di Cgil, Cisl e Uil, è destinata ai giovani che rientrano interamente nel sistema contributivo, che hanno iniziato a versare le contribuzioni da gennaio 1996 e che vivono carriere lavorative discontinue. Il governo ha pensato ad una pensione prima dei 70 anni e con 20 anni di contributi, considerato che hanno maturato un trattamento pari a 1,2 volte l'assegno sociale (448 euro), al posto dell'attuale 1,5. In sostanza, in pensione potrebbero andare con un assegno minimo di circa 650-680 euro, considerato che aumenterebbe la cumulabilità tra assegno sociale e pensione contributiva. Così verrebbe elevata la quota cumulabile dell'assegno sociale dall'attuale un terzo fino al 50% (ossia 224 euro), maggiorazioni sociali comprese.

Nulla di fatto, invece, per la possibilità di bloccare l'innalzamento automatico dell'età pensionabile che dal 2019 è destinata ad aumentare rispetto agli attuali 66 anni e 7 mesi.

Le risposte dei sindacati alla proposta

Critici sul fronte dell'innalzamento dell'età pensionabile, i sindacati hanno mostrato apertura alla proposta salva-precari. Per la triplice si dovrebbe arrivare ad un coefficiente intorno a 2-2,2 per consentire di accedere alla pensione anche chi avrebbe un assegno di circa 1.200 euro.

Come riporta AdnKronos, per il segretario generale della Cgil Susanna Camusso si registra «una disponibilità del governo ad affrontare i temi legati alla prospettiva previdenziale per i giovani e alla previdenza complementare. La base di una pensione adeguata non possa essere 1,5 volte l'assegno sociale (pari a 448,07 euro per tredici mensilità) ma che appunto la soglia vada rivista al ribasso». Per il segretario confederale della Cisl, Maurizio Petriccioli «L'ipotesi del governo della riduzione del parametro minimo dell'1,5 è certamente positiva, tuttavia se vogliamo implementare la flessibilità in uscita dobbiamo lavorare anche sui parametri per andare in pensione prima. Ridurre anche quello del 2,8 significa ripristinare flessibilità al sistema, altrimenti di fa una cosa incompleta. Il coefficiente di 2,8 vuol dire mandare in pensione solo chi ha un assegno di 1.400 euro cui arriverebbero in pochissimi».

Parzialmente soddisfatta anche la Uil. «C'è stato questo sforzo da parte del ministero di individuare la possibilità di un nuovo meccanismo che riguarda i coefficienti portandolo da 1,5 a 1,2 volte il valore dell'assegno sociale e eventualmente anche quello del 2,8 - afferma il segretario generale Carmelo Barbagallo - ma riteniamo che sia necessario arrivare ad una soluzione entro il mese di settembre anche perché ad ottobre sarà presentata la finanziaria al Parlamento».

Contrario all'introduzione di una pensione di garanzia per i giovani che hanno avuto carriere discontinue, è il presidente dell'Inps, Tito Boeri convinto che si tratterebbe solo di un trasferimento di costi a carico delle generazioni future.

In calendario, dopo il primo round, sono previsti gli incontri successivi: il 5 settembre sul tema lavoro, il 7 e il 13 invece sulla casistica pensionistica.


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