I chiarimenti delle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione

Avv. Giorgio Filippo Alfonso - Al fine del corretto inquadramento della problematica del diritto alla provvigione del procacciatore d'affari, affrontata dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, è necessario operare una breve digressione di carattere normativo.

La disciplina codicistica e legislativa

L'art. 1754 c.c. definisce mediatore "colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza".

La legge n. 39 del 1989 (oggi parzialmente abrogata nei termini che si dirà per quanto qui di interesse) prevedeva all'art. 2 (applicabile in parte qua, ratione temporis, al caso di specie da cui è originata la pronuncia in commento) che presso ciascuna camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura fosse istituito un ruolo degli agenti di affari in mediazione, nel quale dovevano iscriversi coloro che svolgessero o intendessero svolgere attività di mediazione, anche se esercitata in modo discontinuo o occasionale. Tale ruolo era distinto in tre sezioni: una per gli agenti immobiliari, una per gli agenti merceologici ed una per gli agenti muniti di mandato a titolo oneroso.

Successivamente, il D. Lgs. n. 59 del 26 marzo 2010 ha statuito la soppressione di detto ruolo,

disponendo che le attività disciplinate dalla legge 39/89 siano soggette solamente a segnalazione certificata di inizio di attività, da presentare alla Camera di Commercio, industria, artigianato e agricoltura per il tramite dello sportello unico del Comune competente per territorio ai sensi dell'art. 19 della Legge 7 agosto 1990 n. 241, corredata delle autocertificazioni e delle certificazioni attestanti il possesso dei requisiti prescritti. La Camera di Commercio, previa verifica dei requisiti autocertificati, iscrive i mediatori nel registro delle imprese, se esercitano l'attività in forma di impresa, ovvero nel repertorio delle notizie economiche e amministrative assegnando la qualifica di intermediario per le diverse tipologie di attività previste dalla Legge n. 39 del 1989.

Rimanendo estraneo al predetto intervento normativo l'art. 6 della legge 39/89 (a norma del quale "hanno diritto alla provvigione soltanto coloro che sono iscritti nei ruoli"), il D. Lgs. n. 59 del 2010 non ha fatto venire meno la decadenza dal diritto alla corresponsione del corrispettivo in caso di mancata iscrizione del mediatore nel ruolo, ovvero - a seguito della novella legislativa - la previsione del diritto alla provvigione solo per i mediatori che siano iscritti nei registri delle imprese o nei repertori tenuti dalla camera di commercio (cfr. Cass. n. 762 del 2014).

Accanto alla figura del mediatore si staglia nel panorama economico-giurisprudenziale anche quella del c.d. "procacciatore d'affari", che si differenzia dalla prima perché quest'ultimo agisce su incarico di una delle parti interessate, dalla quale solamente - quindi - può pretendere il pagamento della provvigione.

Accanto alla mediazione ordinaria si può quindi rintracciare una mediazione negoziale "atipica", fondata su un contratto a prestazioni corrispettive, con riguardo anche ad una soltanto delle parti interessate (c.d. mediazione unilaterale): ipotesi che ricorre ove una parte, volendo concludere un affare, incarichi taluno di svolgere un'attività intesa alla ricerca di un persona interessata alla conclusione di un affare a determinate condizioni.

Il contrasto giurisprudenziale

Il contrasto giurisprudenziale insorto atteneva alla dibattuta possibilità di attrarre anche il "procacciatore d'affari" nell'ambito della disciplina dettata per la mediazione, e quindi alla conseguente necessità dell'iscrizione nel ruolo di cui all'art. 2 della Legge n. 39 del 1989, ovvero nei registri o repertori ex art. 73 del D.Lgs. n. 59 del 2010, per poter ottenere la corresponsione della provvigione maturata per l'attività posta in essere.

Parte della Giurisprudenza riteneva che la disciplina di cui alla Legge. n. 39 del 1989, e quindi quella di cui al D.Lgs. n. 59 del 2010 n. 5, non potesse trovare applicazione analogica per la ontologica differenza esistente tra le due figure professionali, da rinvenirsi nella posizione di terzietà del mediatore, a fronte del rapporto negoziale intercorrente invece tra procacciatore e preponente (cfr. Cass. n. 7332 del 2009).

Un diverso orientamento, invece, pur dando atto della diversità esistente tra le due figure professionali, identificava comunque un nucleo fondamentale comune rappresentato dall'attività di interposizione tra due o più soggetti al fine di metterli in contatto per la conclusione di un affare, evidenziando altresì la circostanza che il codice civile qualifica come mediatore anche colui che ha ricevuto l'incarico di promuovere la conclusione dell'affare da una sola delle due parti (art. 1756 c.c.) ovvero colui che ha avuto l'incarico da una delle due parti di rappresentarla negli atti relativi all'esecuzione del contratto concluso con il suo intervento (art. 1761 c.c.): su tali basi si è ritenuto di poter fondare l'applicabilità analogica della perdita del diritto alla provvigione per l'ipotesi di mancata iscrizione nei registri delle imprese o nei repertori tenuti dalla camera di commercio (cfr. Cass. n. 762 del 2014).

Con sentenza n. 19161 del 02/08/2017 le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno risolto il contrasto in essere, aderendo all'ultimo orientamento giurisprudenziale declinato, ritenendo che anche i procacciatori di affari, che su incarico di una parte svolgano attività di intermediazione per la conclusione di un affare concernente beni immobili o aziende, debbano essere iscritti nel ruolo di cui alla Legge n. 39 del 1989 (ora, ex D. Lgs. n. 59 del 2010, nei registri delle imprese o nei repertori tenuti dalla Camera di Commercio), con la conseguenza che la mancata iscrizione esclude il diritto alla provvigione. L'attività occasionale svolta dal mediatore tipico o atipico che si riferisca invece alla intermediazione in affari concernenti beni mobili non richiede l'iscrizione di cui all'art 2 della Legge n. 89 del 1989 (ed oggi l'applicabilità della disciplina di cui al D. Lgs. n. 59 del 2010), salvo che tale attività sia svolta a titolo professionale, con le già viste conseguenze che dalla mancata derivano - anche in questo caso - in ordine al diritto alla provvigione.

A tale approdo ermeneutico gli Ermellini sono pervenuti sulla scorta del fatto che l'art. 2 della Legge n. 39 del 1989 stabiliva che l'iscrizione nel ruolo doveva essere richiesta anche qualora l'attività venisse esercitata in modo occasionale o discontinuo da coloro che svolgevano, per mandato a titolo oneroso, attività di conclusione di affari relativi ad immobili o ad aziende, e quindi in ragione della sussumibilità nell'alveo del mandato a titolo oneroso dell'incarico conferito ad un soggetto o ad un'impresa finalizzato alla ricerca di altri soggetti interessati alla conclusione di un determinato affare, cioè della c.d. mediazione atipica.

Il principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite

Secondo le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, nella sentenza n. 19161/2017 (qui sotto allegata), quindi, "è configurabile, accanto alla mediazione ordinaria, una mediazione negoziale cosiddetta atipica, fondata su un contratto a prestazioni corrispettive, con riguardo anche ad una soltanto delle parti interessate (c.d. mediazione unilaterale). Tale ipotesi ricorre nel caso in cui una parte, volendo concludere un singolo affare, incarichi altri di svolgere un'attività intesa alla ricerca di un persona interessata alla conclusione del medesimo affare a determinate, prestabilite condizioni, e proprio per il suo estrinsecarsi in attività di intermediazione, rientra nell'ambito di applicabilità della disposizione prevista dalla L. n. 39 del 1989, art. 2, comma 4, che, per l'appunto, disciplina anche ipotesi atipiche di mediazione per il caso in cui oggetto dell'affare siano beni immobili o aziende. Ove oggetto dell'affare siano altre tipologie di beni - e segnatamente beni mobili - l'obbligo di iscrizione sussiste solo per chi svolga la detta attività in modo non occasionale e quindi professionale o continuativo. Ove ricorra tale ipotesi, anche per l'esercizio di questa attività è richiesta l'iscrizione nell'albo degli agenti di affari in mediazione di cui alla citata L. n. 39 del 1989, menzionato art. 2, (ora, a seguito dell'abrogazione del ruolo dei mediatori, la dichiarazione di inizio di attività alla Camera di commercio, ai sensi del D.Lgs. n. 59 del 2010, art. 73), ragion per cui il suo svolgimento in difetto di tale condizione esclude, ai sensi dell'art. 6 della stessa legge, il diritto alla provvigione".

Avv. Giorgio Filippo Alfonso

Studio Legale in Sant'Agata Militello (Me)

Mail: avvocatoalfonso@libero.it

Cassazione, sentenza n. 19161/2017

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