Lo ius variandi nei contratti bancari è disciplinato dal TUB. Ecco cos'è, come è disciplinato, quando è legittimo e come deve essere esercitato

Avv. Giampaolo Morini - Lo ius variandi, nei contratti bancari, è la possibilità, data alle banche, di modificare unilateralmente le condizioni contrattuali applicate ai propri clienti.

Ius variandi bancario: disciplina

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L'istituto in commento si rinviene per la prima volta nell'art. 16 delle Norme Bancarie Uniformi. La disciplina accederà nel diritto positivo (fatta eccezione per la disciplina codicistica) con l'entrata in vigore della L. 17 febbraio 1992 n. 154, per poi confluire nel TUB.

I limiti di legalità dello ius variandi

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Ai sensi dell'articolo 118 del TUB, la facoltà di modificare unilateralmente i tassi, i prezzi e le altre condizioni contrattuali è ammessa solo in presenza di un giustificato motivo.

La validità e la legalità dello ius variandi sono poi stata subordinate dalla Banca d'Italia alla previsione di un'apposita clausola nel contratto, oltre che alla sussistenza di un giustificato motivo.

A tale ultimo proposito, la Banca d'Italia può indicare i principi e i criteri a cui devono ispirarsi le banche nell'esercizio dello ius variandi e verificare che gli stessi vengano rispettati, mentre la sussistenza del giustificato motivo va accertata dall'autorità giudiziaria.

Ius variandi nei contratti bancari: procedura

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La banca che intenda esercitare lo ius variandi deve comunicarlo al cliente in forma scritta (o mediante altro supporto durevole accettato preventivamente dal cliente stesso) utilizzando la formula "Proposta di modifica unilaterale del contratto". Deve essere dato un preavviso minimo di due mesi. La modifica è approvata se il cliente non recede entro la data prevista per l'applicazione della modifica.

Il mancato rispetto di tale procedura determina l'inefficacia delle variazioni contrattuali sfavorevoli per il cliente.

La comunicazione subisce delle modifiche in caso di rapporti al portatore, per i quali occorre seguire le modalità stabilite dal CICR.

L'interpretazione dell'ABF

Sulla procedura per l'esercizio dello ius variandi, l'ABF ha chiarito che la relativa comunicazione, essendo recettizia, produce effetti solo se e quando giunge nella sfera giuridica del destinatario. Se quest'ultimo contesta l'avvenuta ricezione, è la banca che, in virtù del principio generale di cui all'articolo 2697 c.c., deve provare la circostanza dalla quale dipende l'efficacia della proposta di modifica unilaterale del contratto (ABF ROMA 13 agosto 2011 n. 1838, ex plurimis: ABF Milano decisione n. 443 del 27.05.2010; ABF Milano n. 608/2010; ABF Milano n. 716/2010; ABF Napoli n. 827/2010; ABF Milano n. 1016/2010; ABF Milano n. 1010/2010; ABF Milano n. 1298/2010; ABF Roma n. 1262/2010; ABF Roma n. 487/2011; ABF Milano n. 772/2011; ABF milano n. 2316/2011). Sarà dunque la banca a dover provare non solo gli invii ma anche e soprattutto la ricezione di tali comunicazioni.

Sempre l'ABF ha inoltre chiarito che la modifica apportata nell'esercizio dello ius variandi deve essere congrua rispetto alla motivazione e che non risulta tale, ad esempio, una forte variazione commissionale rispetto ad una motivazione rappresentata dalla mutata situazione di mercato (ABF Milano n. 249/2010).

La deroga convenzionale al divieto di modifica dei tassi di interesse

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In tema di ius variandi va segnalato, infine, il comma 2-bis dell'articolo 118 TUB, che consente una deroga convenzionale al divieto di modifica dei tassi di interesse anche per i contratti a tempo determinato, purché i clienti siano diversi dai consumatori e dalle microimprese, e al verificarsi di eventi specificatamente previsti in contratto. La clausola deve essere prevista contrattualmente e specificatamente approvata.

Avv. Giampaolo Morini

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