La Cassazione rammenta che il giudice può adottare provvedimenti d'ufficio sull'assegno di mantenimento

di Lucia Izzo - Il giudice può adottare d'ufficio, senza che sia all'uopo necessaria un'esplicita richiesta di una parte, i provvedimenti che riguardano la tutela degli interessi materiali e morali della prole. Tra questi rientra la determinazione dell'assegno di mantenimento che il genitore non affidatario è tenuto a corrispondere all'altro in favore dei figli minori.


Lo ha precisato la Corte di Cassazione, sesta sezione civile, nell'ordinanza n. 14830/2017 (qui sotto allegata), respingendo il ricorso di un genitore.


Il padre aveva inizialmente proposto reclamo in sede di merito, che era stato accolto dalla Corte d'Appello, che aveva escluso l'obbligo del ricorrente di pagare il canone di locazione relativo all'immobile in cui vivevano moglie e figli minori.


Ciononostante, al tempo stesso il giudice territoriale ha provveduto ad aumentare l'assegno di mantenimento dovuto dal padre in favore dei figli, passando dai precedenti 600 € a 800 € mensili, nonostante in quella sede la reclamata fosse contumace.

Il giudice può decidere d'ufficio sull'assegno di mantenimento

Da qui il ricorso in Cassazione con cui l'uomo, tra l'altro, deduce che il provvedimento impugnato sarebbe viziato da ultrapetizione ex art. 112 c.p.c., non avendo rispettato il principio tra il chiesto e il pronunciato: in sostanza, pronunciandosi sull'assegno di mantenimento, il giudice avrebbe superato i limiti della domanda attorea volta unicamente a contestare il pagamento del canone di locazione.


Tuttavia, precisano gli Ermellini, il motivo di ricorso non può essere accolto. Ciò in quanto, per costante giurisprudenza di legittimità, i provvedimenti necessari alla tutela degli interessi morali e materiali della prole, qual è l'attribuzione e la determinazione dell'assegno di mantenimento a carico del genitore non affidatario, possono essere adottati d'ufficio dal giudice essendo rivolti a soddisfare esigenze e finalità pubblicistiche sottratte all'iniziativa e alla disponibilità delle parti.


Per tali ragioni il ricorso deve dunque essere rigettato.

Cass., Vi sez. civ., ord. 14830/2017

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