Quando può essere esercitata e a quali limiti è assoggettata

di Valeria Zeppilli - Il paziente che ha subito un danno derivante da responsabilità medica ha la possibilità di rivolgersi per il relativo risarcimento, oltre che al sanitario e all'impresa di assicurazioni e a seconda dei casi, anche alla struttura sanitaria alla quale si è indirizzato per sottoporsi alle cure connesse al pregiudizio poi patito.

A seguito della recente legge Gelli numero 24/2017, la struttura risponderà a titolo contrattuale (vai alla guida: "La responsabilità della struttura sanitaria").

L'azione di rivalsa

Tuttavia, in alcune ipotesi, la struttura sanitaria che è stata condannata a risarcire il danno al paziente potrà rivalersi nei confronti del medico curante di quanto abbia dovuto corrispondere per ristorare il pregiudizio subito dal danneggiato.

L'azione di rivalsa, in particolare, è subordinata al dolo o alla colpa grave del sanitario, mentre non è mai esercitabile nel caso in cui questi abbia agito con colpa lieve.

Mancata partecipazione al giudizio

Inoltre, nel caso in cui il sanitario non abbia partecipato alla procedura giudiziale o stragiudiziale di risarcimento del danno, egli potrà subire la rivalsa da parte della struttura sanitaria solo dopo che questa abbia provveduto a risarcire il paziente sulla base del titolo giudiziale o stragiudiziale e purché l'azione sia esercitata nel limite di decadenza di un anno dall'avvenuto pagamento.

In ogni caso, in forza di quanto precisato dalla legge Gelli, se l'esercente la professione sanitaria non è stato parte nel giudizio promosso contro la struttura sanitaria o sociosanitaria (o contro l'impresa di assicurazione), la decisione pronunciata all'esito di questo non fa stato nel giudizio di rivalsa.

Infine va precisato che, in tale giudizio, non può essere mai opposta al sanitario neanche l'eventuale transazione.

Obblighi di comunicazione del giudizio

A tal proposito va rilevato che, per garantire la difesa dei sanitari interessati rispetto alle pretese dei pazienti, la legge Gelli ha introdotto uno specifico obbligo per le strutture sanitarie e le imprese di assicurazione che prestano la copertura assicurativa di comunicare agli esercenti la professione sanitaria l'instaurazione del giudizio basato sulla loro responsabilità.

Tale comunicazione va fatta entro un termine ben preciso che, originariamente fissato in dieci giorni dalla legge numero 24/2017, è stato successivamente esteso a quarantacinque giorni dalla riforma Lorenzin approvata a fine 2017, allo scopo di consentire l'esecuzione di tutti i necessari accertamenti su quali siano i medici effettivamente coinvolti nella vicenda portata all'attenzione dei giudici. L'obbligo di comunicazione, poi, va adempiuto mediante posta elettronica certificata o raccomandata con avvio di ricevimento che deve contenere anche una copia dell'atto introduttivo del giudizio.

A sottolineare l'importanza della comunicazione vi è la circostanza che se la stessa è omessa, inviata tardivamente o incompleta, le azioni di rivalsa o di responsabilità amministrativa non sono ammissibili.

Limite della rivalsa

Nel caso in cui la domanda proposta dal danneggiato nei confronti della struttura sanitaria o sociosanitaria privata sia accolta, la rivalsa, per singolo evento e in caso di colpa grave, non può superare il triplo del valore maggiore del reddito professionale, compresa la retribuzione lorda, conseguito nell'anno di inizio della condotta causa dell'evento o nell'anno immediatamente precedente o successivo.

Si tratta di un limite che, tuttavia, non riguarda l'esercente la professione sanitaria che svolge la propria attività o al di fuori della struttura sanitaria o sociosanitaria o all'interno della stessa ma in regime libero-professionale né quello che si avvale di tale struttura nell'adempimento di una propria obbligazione contrattuale assunta con il paziente.

La responsabilità amministrativa

Se invece ad essere accolta è la domanda di risarcimento proposta dal danneggiato nei confronti di una struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica, il sanitario potrà essere assoggettato ad azione di responsabilità amministrativa per dolo o colpa grave. Essa è esercitata dal PM presso la Corte dei conti.

Per quanto riguarda la quantificazione del danno, su di essa incidono le situazioni di fatto di particolare difficoltà della struttura, anche di natura organizzativa, nelle quali il sanitario si è trovato ad operare. L'importo, inoltre, non può superare in caso di colpa grave il triplo del valore maggiore della retribuzione lorda o del corrispettivo convenzionale conseguiti nell'anno di inizio della condotta causa dell'evento o nell'anno immediatamente precedente o successivo.

Ma non solo. In caso di responsabilità amministrativa, l'esercente la professione sanitaria, se è passata in giudicato la decisione di accoglimento della domanda di risarcimento proposta dal danneggiato, per tre anni non può essere preposto ad incarichi professionali superiori rispetto a quelli ricoperti. Il giudicato, inoltre, costituisce l'oggetto di una valutazione specifica dei commissari nei concorsi pubblici per incarichi superiori.

Argomenti di prova

Va infine segnalato che il giudice che si occupa del giudizio di rivalsa o di quello di responsabilità amministrativa ha la possibilità di desumere degli argomenti di prova dalle prove che sono state assunte nel giudizio che il danneggiato ha instaurato nei confronti della struttura sanitaria o sociosanitaria, purché però l'esercente la professione sanitaria ne sia stato parte.


Leggi anche: "Responsabilità medica: arrivano i limiti all'azione di rivalsa"

Valeria Zeppilli

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