Il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte ex art. 11 D.Lgs. 74/2000 punisce chiunque al fine di sottrarsi al pagamento delle imposte aliena o compie atti fraudolenti sui propri o altrui beni

Cos'è il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte

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La ratio della norma va rapportata al pericolo che la pretesa tributaria non trovi capienza nel patrimonio del contribuente/debitore e più in generale al principio costituzionale per cui tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva.

Il reato è considerato di "pericolo concreto" poiché richiede, semplicemente, che l'atto simulato di alienazione o gli altri atti fraudolenti sui propri o altrui beni siano idonei ad impedire il soddisfacimento totale o parziale del credito tributario vantato dall'Erario.

Mentre la fattispecie di cui al primo comma non necessità più per la sua integrazione che sia iniziata una qualsiasi attività ispettiva da parte del Fisco nei confronti del contribuente, la fattispecie del comma successivo la presuppone visto che richiama espressamente una procedura di transazione fiscale in atto.

La norma

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Art. 11 D.lgs. 74/2000 - Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte

"1. E' punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte di ammontare complessivo superiore ad euro cinquantamila, aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva. Se l'ammontare delle imposte, sanzioni ed interessi è superiore ad euro duecentomila si applica la reclusione da un anno a sei anni.

2. E' punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, al fine di ottenere per sé o per altri un pagamento parziale dei tributi e relativi accessori, indica nella documentazione presentata ai fini della procedura di transazione fiscale elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi per un ammontare complessivo superiore ad euro cinquantamila. Se l'ammontare di cui al periodo precedente è superiore ad euro duecentomila si applica la reclusione da un anno a sei anni".

Bene giuridico protetto

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Il corretto funzionamento della procedura di riscossione coattiva in relazione al diritto di credito dell'Erario (si tratta solo di imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte).

La prevalente giurisprudenza considera "oggetto giuridico" del reato in esame non il diritto di credito dell'erario, bensì la garanzia generica data dai beni dell'obbligato all'erario stesso. La Suprema Corte ha ritenuto che il reato possa configurarsi anche qualora, dopo il compimento degli atti fraudolenti, avvenga comunque il pagamento dell'imposta e dei relativi accessori (cfr., tra le altre, Cass. n. 36290/2011).

Tradizionalmente sono stati individuati tre diversi oggetti di tutela normativa, identificati alternativamente o cumulativamente:

a) nella garanzia patrimoniale spettante al Fisco sui beni del contribuente;

b) nella procedura di riscossione coattiva;

c) nel diritto di credito del Fisco.

La Suprema Corte ha affermato che il bene protetto è l'interesse a rendere possibile la riscossione - da parte dell'Erario - delle imposte, delle sanzioni amministrative e degli interessi dovuti dal contribuente, attraverso l'intangibilità della garanzia patrimoniale rappresentata dai beni dell'obbligato. L'interesse tutelato dalla norma sarebbe pertanto riconducibile nell'alveo dell'art. 53 Cost., concernente la regolare ed efficace percezione dei tributi da parte dello Stato.

Secondo tale ricostruzione, la condotta penalmente rilevante risulterebbe quella costituita da qualsiasi atto o fatto fraudolento intenzionalmente volto a ridurre la capacità patrimoniale del contribuente stesso. Ciò non autorizza, comunque, a parlare di reato di danno per le finanze pubbliche atteso che già il pericolo - valutato ex ante - per l'efficacia della procedura di riscossione integra il reato.

Sempre la Cassazione ha affermato che non necessariamente le condotte che siano caratterizzate dalle modalità simulatorie o fraudolente sono per ciò solo, ipso iure, idonee "a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva". Invero, l'accertamento del requisito della fraudolenza non potrebbe prescindere da una valutazione dell'intero patrimonio del contribuente da rapportarsi alle pretese dell'Erario, ben suscettibili di essere infatti ugualmente garantite pur in presenza della realizzazione di atti simili. Si concorda in pieno con questa impostazione.

La sussistenza del reato (ossia del "pericolo concreto" che la pretesa tributaria non trovi capienza nel patrimonio del debitore) va quindi valutata sia in relazione al credito, sia in relazione al patrimonio del contribuente. Sarebbe illogico pensare che un contribuente con un patrimonio ingente potesse rispondere - sempre e comunque - del reato de quo per il semplice fatto di aver compiuto atti di disposizione del proprio patrimonio, magari di modesta entità, che non intaccano la garanzia verso l'Erario per il credito tributario.

Soggetto attivo

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Il richiamo in ambedue i commi della parola "chiunque" non deve trarre in inganno: si tratta, infatti, non di un reato "comune" ma di un reato proprio in quanto i potenziali soggetti attivi del reato possono essere esclusivamente coloro i quali siano già qualificati come debitori d'imposta.

La fattispecie di cui al comma due è stato definito reato proprio a soggettività allargata perché attuabile anche da persona diversa dal debitore, difatti la norma espressamente dice: "al fine di ottenere per sé o per altri un pagamento parziale dei tributi".

Elemento soggettivo

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Si tratta di dolo specifico.

La condotta è connotata dallo scopo essenziale di rendere inefficace, per sé o per altri, in tutto o in parte, la procedura di riscossione coattiva ovvero di ottenere un pagamento inferiore delle somme complessivamente dovute.

Il fine è quello di pregiudicare la pretesa erariale attraverso l'impoverimento reale o fittizio del patrimonio del debitore d'imposta.

Elemento oggettivo

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La condotta può consistere:

  • nell'alienare simulatamente o nel compiere altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni (quindi un'attività di materiale sottrazione di disponibilità, comma 1);
  • nell'indicare, nella documentazione presentata ai fini della procedura di transazione fiscale, elementi attivi o passivi diversi da quelli reali (quindi un'attività di falsificazione della consistenza patrimoniale, comma 2).

E' considerato reato di pericolo concreto e non di mero pericolo in quanto, non solo la condotta deve essere idonea alla lesione dell'oggetto di tutela, ma il fine della medesima deve specificamente essere quello della sottrazione al pagamento di imposte, che costituisce il "concreto" danno erariale.

Rispetto alla formulazione precedente, la condotta materiale rappresentata dall'attività fraudolenta, da un lato non richiede che l'amministrazione tributaria abbia già compiuto un'attività di verifica, accertamento o iscrizione a ruolo e, dall'altro, non richiede l'evento che, nella previgente previsione, era essenziale ai fini della configurabilità del reato, ossia la sussistenza di una procedura di riscossione in atto e la effettiva vanificazione.

Pertanto, riguardo alla fattispecie di cui al primo comma, essendo la nuova fattispecie delittuosa di pericolo e non più di danno, l'esecuzione esattoriale non configura più un presupposto della condotta illecita, ma è prevista solo come evenienza futura che la condotta tende (e deve essere idonea) a neutralizzare. Ai fini della configurazione del delitto, quindi, è sufficiente la semplice idoneità della condotta a rendere inefficace (anche parzialmente) la procedura di riscossione - idoneità da apprezzare con giudizio ex ante - e non anche l'effettiva verificazione di tale evento.

Consumazione

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E' reato che può consumarsi "istantaneamente" sia per quanto riguarda il primo comma (rileva in tal caso il momento in cui si aliena simulatamente o si compiono altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni) sia in relazione al secondo comma (deve guardarsi al momento in cui si si presenta la documentazione ai fini della procedura di transazione fiscale corredandola di elementi attivi/passivi diversi da quelli reali).

Nel caso in cui la condotta si articoli attraverso il compimento di una pluralità di trasferimenti immobiliari, costituenti una operazione unitaria finalizzata a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva, il delitto si perfeziona nel momento in cui viene realizzato l'ultimo atto dispositivo.

In definitiva, quindi, si tratta di reato eventualmente permanente.

Prescrizione

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Con la legge 148/2011 è stata introdotta, dal 17 settembre 2011, una disciplina ad hoc nel decreto 74/2000 (nuovo comma 1-bis dell'articolo 17). In base a tale norma i termini di prescrizione per alcuni delitti tributari sono stati elevati di un terzo.

Tra questi delitti non è ricompreso l'art. 11 per cui trova applicazione la disciplina generale prevista dal codice penale.

Tentativo

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Trattandosi di reato di pericolo la tutela penale è anticipata, di conseguenza, lo spazio per ritenere configurato il tentativo si assottiglia. Quest'ultimo potrebbe darsi - relativamente all'ipotesi di cui al primo comma - nel caso in cui il contribuente tenti di vendere simulatamente un bene proprio, ma poi, per cause estranee alla sua volontà, il negozio giuridico non si perfezioni.

Più difficile sembra la configurazione del tentativo nel caso di cui al secondo comma poiché, o si è già presentata la documentazione ai fini della procedura di transazione fiscale - ed allora il reato è venuto ad esistenza - o non si è ancora presentata e allora si è nelle mere intenzioni.

Procedibilità

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D'ufficio.

Profitto del reato

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Si è del parere che il profitto del reato ex art. 11 cit. debba essere individuato non già nell'importo delle imposte non pagate, essendo quest'ultimo, semmai, il profitto delle ben diverse condotte di evasione, bensì nel valore del bene o dei beni idonei a fungere da garanzia nei confronti dell'amministrazione finanziaria che agisca per il recupero delle somme evase ed oggetto delle condotte artificiose considerate dalla norma. Ciò significa che, una volta sottratto il valore del bene che si reputa essere stato alienato simulatamente, il reato può sussistere solo se il patrimonio rimasto non fosse comunque sufficiente a garantire le pretese dell'Amministrazione finanziaria.

Facciamo l'esempio di un contribuente che ha un debito tributario da omesso versamento delle ritenute operate e non versate ex art. 10-bis del D.lgs. 74/2000 pari a 151.000 euro. Nel suo patrimonio vi è unicamente un immobile del valore di 80.000 euro che provvede a vendere simulatamente ad un soggetto compiacente. Il profitto del reato - la sottrazione fraudolenta - sarà di 80.000 euro.

Altro esempio: un contribuente ha un debito tributario derivante dall'omesso versamento dell'Iva dovuta ex art. 10-ter del D.lgs. 74/2000 pari a 251.000 euro ed ha nel suo patrimonio due immobili uno del valore di 300.000 euro e uno di 400.000 euro. Consapevole di avere il debito tributario procede con la vendita simulata del secondo immobile. In questo caso ci troviamo un po' in difficoltà perché la sottrazione fraudolenta dell'immobile del valore di 400.000 euro supera la somma del debito tributario che è di 251.000 euro. Inoltre, nonostante tale condotta fraudolenta, il contribuente rimane pur sempre nella disponibilità di idonea garanzia per il pagamento di quanto dovuto all'Erario avendo ancora in proprietà l'immobile del valore di 300.000 euro.

Cosa possiamo dire? Intanto il profitto del reato de quo non può superare la somma del debito tributario che è di 251.000 euro, al massimo può essere uguale. Riguardo alla circostanza che il contribuente conservi ancora un patrimonio capiente alla pretesa tributaria si potrebbe addirittura sostenere che il reato non si sia configurato non essendosi verificato un "concreto pericolo". In particolare, la domanda è: quale è l'evento pericoloso da cui dipende il reato? La vendita simulata del secondo immobile del valore di 400.000 euro può essere considerato "evento pericoloso" se comunque il patrimonio del debitore è ancora sufficiente a soddisfare l'erario? Certamente la procedura di riscossione coattiva è finalizzata a recuperare quanto dovuto al Fisco e di conseguenza la condotta diretta a renderla inefficace non è penalmente rilevante in sé, ma solo se ha come fine quello di non pagare il dovuto.

Comunque, siamo del parere che trattandosi di reato di pericolo "concreto" e non di mero pericolo, l'esistenza di un patrimonio per così dire "capiente" per soddisfare lo Stato/creditore sia di ostacolo alla configurazione del reato stesso.

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Foto: 123rf
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