Una specialità per specificazione. Il punto del Tribunale di Napoli

di Silvia Leone - Con la recentissima sentenza n. 19190/2016, il Tribunale di Napoli in composizione collegiale, VI Sezione
Penale, ha affrontato una questione di fondamentale importanza che, da sempre, è stata al centro di un ampio dibattito di natura giurisprudenziale il quale ha visto anche il coinvolgimento della Corte di Cassazione.

La questione in commento è quella concernente la differenza e i rapporti tra la fattispecie del reato di ricettazione, di cui all'art 648 c. p., e la fattispecie del reato di riciclaggio, di cui all'art. 648 bis c.p.

Nel caso di specie all'imputato veniva contestato il delitto di cui all'art. 648 bis c. p., ossia il riciclaggio, in relazione all'art. 491 c. p. ("Falsità in testamento olografo, cambiale o titoli di credito"), all'art. 485 c.p. ("Falsità in scrittura privata") e all'art. 61 n. 2 (ricorrendo la circostanza aggravante consistente nell'aver commesso il reato allo scopo di eseguirne od

occultarne un altro o per conseguire o assicurare a sé o ad altri il prodotto, il profitto o il prezzo ovvero la impunità di un altro reato).

In particolare, nel capo d'imputazione l'imputato viene accusato di aver falsificato il titolo di credito (assegno

bancario), di aver alterato il nominativo del beneficiario originario, di averlo intestato a sé stesso e di aver, quindi, apposto sull'assegno la propria firma di girata e di averlo posto all'incasso; tutto ciò al fine di procurarsi un profitto ed ostacolare l'identificazione degli autori del reato presupposto, e quindi allo scopo di occultare la provenienza delittuosa del titolo.

Dalla motivazione della recente sentenza del Tribunale di Napoli, emergono alcune fondamentali precisazioni in punto di

diritto relative alle prospettazioni accusatorie. Soprattutto, viene in rilievo un'importantissima sentenza

della Cassazione penale, sezione II, del 18/12/2015, n. 1924, dove vengono messi in risalto gli elementi costitutivi della fattispecie di riciclaggio, alla luce, però, dei tratti differenziali sussistenti rispetto alla fattispecie di ricettazione.

In particolare, la Cassazione ha chiarito che "Si verifica un'ipotesi di ricettazione in tutti i casi in cui l'imputato monetizza l'assegno (di provenienza furtiva) al fine di procurare a sé o ad altri un profitto. Si verifica, invece, un'ipotesi di riciclaggio in tutti quei casi in cui l'imputato si presti a monetizzare un assegno (di provenienza illecita) con operazioni tali 'da ostacolare la provenienza delittuosa' e, quindi, a ripulire l'importo di denaro per il quale è stato emesso".

Dalla pronuncia della Suprema Corte si evince, così come constatato anche dal Tribunale di Napoli, che la disposizione

di cui all'art. 648 bis c. p. è norma speciale rispetto all'art. 648 c. p.


Quindi, la differenza tra riciclaggio e ricettazione riguarda sia l'elemento soggettivo, poiché nel primo è richiesto

il dolo generico mentre nella seconda il dolo specifico, sia l'elemento materiale, poiché la fattispecie ex
art. 648 bis c. p. contiene un elemento specializzante rispetto alla fattispecie ex art. 648 c. p.

Relativamente a quest'ultimo, infatti, bisogna rilevare come il reato di riciclaggio, nell'elemento materiale, oltre a

richiedere la ricezione di un bene di provenienza illecita (come per la ricettazione) richiede anche la condotta concernente l'"ostacolare l'identificazione della loro provenienza delittuosa".

Si tratta, quindi, di un rapporto di specialità per specificazione tra le due norme in oggetto, in quanto la fattispecie prevista dalla norma speciale (art. 648 bis c. p.) contiene tutti gli elementi costitutivi previsti per la fattispecie disciplinata dalla norma generale (art. 648 c. p.) di cui uno è disposto, però, con una variante d'intensità.

Nel risolvere la questione, concernente il caso di specie, il Tribunale di Napoli ha affermato che "Ove l'imputato versi denaro contante, stante l'infungibilità del bene, non può dubitarsi che il deposito in banca di denaro 'sporco' realizzi automaticamente la sostituzione di esso, essendo la banca obbligata a restituire al depositante la stessa quantità di denaro depositato […]. Non altrettanto può automaticamente dirsi per l'attività propedeutica al cambio o alla monetizzazione di assegni di provenienza illecita, in quanto la verifica dei titoli viene comunque tempestivamente operato dall'istituto

bancario. Infatti, ove l'imputato si limiti a versare sul proprio conto corrente assegni di provenienza illecita, previa sostituzione delle generalità del beneficiario con i propri dati ed apposizione della propria firma sui titoli per girata, senza alcuna manomissione degli elementi identificativi dell'istituto bancario emittente o del numero di serie degli assegni, la
suddetta condotta va qualificata come ricettazione, essendo la suddetta condotta assimilabile a quella del possessore in malafede che presenti documenti falsi con le generalità del titolare effettivo degli assegni al fine di poterli incassare, poiché in entrambe le situazioni viene falsificata l'identità del beneficiario, al fine di poter riscuotere il titolo
".

Per tali ragioni il Collegio ha concluso che nel caso di specie trattasi di ricettazione, in quanto l'imputato non ha

commesso alcun atto volto a ostacolare l'identificazione della provenienza delittuosa dei beni ricevuti (in particolare, non ha adottato una condotta volta a "ripulire" le coordinate bancarie dell'assegno o l'importo di denaro per il quale è stato emesso, ma ha semplicemente modificato il nome del beneficiario originario sostituendolo con il proprio e ha incassato il relativo assegno). 

Per approfondimenti, vai alle guide: 

- Il reato di riciclaggio

- Il reato di ricettazione

silvia.leone1993@gmail.com


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