Il Tribunale di Macerata - Giud. Domenico Potetti - con la sentenza del 5 ottobre 2016 affronta un caso di connivenza senza concorso

di Paolo M. Storani

1. La fattispecie

2. La decisione

3. I principi giuridici

4. Il trattamento sanzionatorio

Quelli che seguono sono i filamenti salienti della decisione del Tribunale di Macerata, Sezione GIP/GUP, 5 ottobre 2016, Giudice Domenico Potetti, imp. A. M. ed altra.

La fattispecie

I precedenti penali (anche specifici) dell'imputato, la sua figura di professionista dello spaccio (e cioè di soggetto che abitualmente pone in essere una fitta trama di cessioni di sostanza stupefacente, da lui stesso intesa come professione dalla quale ricavare il proprio sostentamento), la sua condizione di clandestino sul territorio nazionale, sprovvisto di qualsivoglia documento di identificazione e senza fissa dimora (che rende quasi inevitabile la dedizione sistematica e totale all'attività criminosa), il fatto che si tratti di sostanza stupefacente di elevata pericolosità (eroina), sono elementi che non consentono di configurare la fattispecie minore di cui al comma quinto dell'art. 73 del DPR n. 309 del 1990.

Non costituisce concorso nel reato di cessione di sostanze stupefacenti (art. 73 del DPR n. 309 del 1990) la condotta di chi accompagni con la propria vettura lo spacciatore sul luogo dello spaccio, quando sia accertato che lo spacciatore poteva raggiungere indifferentemente il luogo a piedi o con altri mezzi, e che l'accompagnatore sia stato solo presente allo spaccio (senza porre in essere condotte che lo abbiano agevolato o incoraggiato).

La decisione

MOTIVI DELLA DECISIONE

Omissis.

2) Questione di responsabilità di ….

2.1 L' esposizione dettagliata degli elementi di accusa di cui sopra esime ormai da inutili ripetizioni.

Per quanto riguarda la posizione di …, la sua responsabilità penale per un elevatissimo numero di episodi di spaccio di sostanza stupefacente "pesante" appare acclarata.

Si è visto sopra che molte sono le dichiarazioni accusatorie a suo carico.

Proprio l'elevato numero delle dichiarazioni accusatorie rende irragionevole l'ipotesi di un accordo calunnioso intervenuto fra gli acquirenti dell'imputato.

Del resto manca ogni ipotesi concreta di un siffatto movente calunnioso.

Le varie dichiarazioni accusatorie sono anche sostanzialmente concordanti in relazione alle modalità, ai quantitativi e alla qualità della sostanza stupefacente oggetto di spaccio.

Si deve quindi concludere per la sussistenza della prova, al di là di ogni ragionevole dubbio, in ordine alla responsabilità penale dell'imputato per i reati a lui ascritti.

2.2 Si è visto altresì che l'imputato emerge dagli atti come spacciatore professionale al dettaglio, nel senso che egli cedeva quantitativi di sostanza stupefacente piuttosto modesti, se esaminati isolatamente per ogni cessione.

Ad avviso di questo giudicante si deve però senz'altro escludere che le condotte dell'imputato possano essere qualificate giuridicamente sotto lo schema del quinto comma dell'art. 73 del DPR n. 309 del 1990.

Infatti, anche considerando i precedenti penali (pure specifici) dell'imputato medesimo, ne emerge la figura di un professionista dello spaccio, e cioè di un soggetto che abitualmente pone in essere una fitta trama di cessioni di sostanza stupefacente, da lui stesso intesa come professione dalla quale ricavare il proprio sostentamento.

Del resto, la sua condizione di clandestino sul territorio nazionale, sprovvisto di qualsivoglia documento di identificazione e senza fissa dimora, rende quasi inevitabile la dedizione sistematica e totale all'attività criminosa.

Inoltre appare molto rilevante il fatto che si trattava di sostanza stupefacente di elevata pericolosità (eroina).

Tali considerazioni rendono preclusa la via di quel giudizio di minore offensività che è il presupposto della figura criminosa minore di cui si tratta.

Del resto, in giurisprudenza si è affermato che ai fini della concedibilità o no della circostanza attenuante (allora) di cui all'art. 73, co. 5, del DPR n. 309-90, i parametri ivi indicati (quantità e qualità della sostanza stupefacente, mezzi, modalità e circostanze dell'azione), nonostante la formulazione letterale della norma (caratterizzata dalla presenza della disgiuntiva "ovvero") devono essere valutati "congiuntamente", apprezzandosi il fatto nella sua complessità, oggettiva e soggettiva, onde evitare che solo taluno dei profili del "fatto" possa venire occasionalmente in rilievo, pervenendo a un fuorviante giudizio di lieve offensività, non rispondente all'effettivo disvalore della vicenda e, quindi, inadeguato a soddisfare le esigenze di tutela del bene giuridico protetto dalla norma (v. Cass., n. 8035-95).

3) Questione di responsabilità di ….

3.1 Ben più complessa e opinabile è la questione di responsabilità penale della … .

In punto di fatto il livello di prova raggiunto nel presente processo non va oltre il ruolo di accompagnatrice del coimputato … in una serie di occasioni, peraltro numericamente minoritarie rispetto a quelle in cui lo stesso … esercitava lo spaccio senza la presenza della donna.

In altre parole, ciò che pare acclarato nel presente processo è che l'imputata, alla guida della vettura che aveva in uso, accompagnò …, in alcune occasioni, sul luogo evidentemente preventivamente concordato fra … e gli acquirenti, dove poi avvenne lo spaccio, alla presenza dell'imputata.

Giova anche aggiungere che non è assolutamente credibile che l'imputata stessa ignorasse i comportamenti delittuosi di …, dato che gli stessi avvenivano sostanzialmente sotto i suoi occhi.

La donna però (per quanto è provato in atti) fu mera spettatrice degli episodi di spaccio, poiché non risulta provata alcuna materiale condotta materiale partecipativa nelle medesime condotte di spaccio (ad esempio materiali cessioni, incassi, attività preparatorie, intermediazioni, ecc.).

Si tratta quindi di decidere se tali comportamenti della donna (soprattutto la guida della vettura) possano essere considerati come atti di concorso in senso tecnico (art. 110 del codice penale).

Prima di addentrarsi nell'analisi sintetica di alcuni principi giurisprudenziali, e rimanendo ancora sul terreno del fatto, si deve ritenere che comunque le condotte della donna non sembrano poter essere considerate (anche sulla base della presunzione di innocenza: art. 27 Cost.) come necessariamente causali delle attività di spaccio, e nemmeno come concretamente ausiliarie, in modo apprezzabile, rispetto a quelle attività.

Si è visto infatti che l'imputato … esercitava una fitta rete di spaccio al dettaglio a prescindere dalla stessa presenza dell'imputata ….

Infatti, in molte occasioni lo stesso … raggiungeva i luoghi convenuti (peraltro non vincolati, vari, e nella disponibilità dei contraenti) anche a piedi o con altri mezzi.

In altre parole, che vi fosse o meno la presenza della donna alla guida della vettura, … procedeva comunque con la sua frenetica e professionale attività di spaccio, dettando e prevedendo i luoghi dove la spaccio medesimo avrebbe dovuto verificarsi; luoghi che potevano essere i più disparati, non mancando certo punti del territorio cittadino dove l'attività criminosa avrebbe potuto comunque svolgersi, magari raggiungibili a piedi, senza bisogno della vettura facente capo alla … (almeno in una occasione … utilizzò uno scooter, del quale evidentemente disponeva).

I principi giuridici

3.2 Muniti delle suddette premesse di fatto vediamo ora, in estrema sintesi, quali sono i principi giuridici da adottare per risolvere la questione di responsabilità della ….

Il principio fondamentale ben noto, in materia di connivenza, è quello per cui la sola presenza fisica di un soggetto allo svolgimento dei fatti non assume univoca rilevanza, allorquando si mantenga in termini di mera passività o connivenza, risolvendosi, invece, in forma di cooperazione delittuosa allorquando la medesima si attui in modo da realizzare un rafforzamento del proposito dell'autore materiale del reato e da agevolare la sua opera, sempre che il concorrente morale si sia rappresentato l'evento del reato ed abbia partecipato ad esso esprimendo una volontà criminosa uguale a quella dell'autore materiale (v. Cass., Sez. I penale, n. 12089-00, in CED Cass., RV 217347).

Tuttavia, anche la semplice presenza sul luogo dell'esecuzione del reato, purché non meramente casuale, è sufficiente ad integrare gli estremi della partecipazione criminosa, qualora sia servita a fornire all'autore del reato un maggiore senso di sicurezza, rivelando chiara adesione alla condotta delittuosa (v. Cass., n. 26542-09).

Stabilire quando vi sia il tramutamento dalla passività non punibile al contributo causale non è agevole.

Secondo Cass., n. 36125-14, ai fini della configurabilità del concorso di persone nel reato, il contributo concorsuale acquista rilevanza non solo quando abbia efficacia causale, ponendosi come condizione dell'evento illecito, ma anche quando assuma la forma di un contributo agevolatore e di rafforzamento del proposito criminoso già esistente nei concorrenti, in modo da aumentare la possibilità di commissione del reato.

Più o meno nello stesso senso si è ritenuto che ai fini della configurabilità della fattispecie del concorso di persone nel reato (art. 110 c.p.), il contributo concorsuale assume rilevanza non solo quando abbia efficacia causale, ponendosi come condizione dell'evento lesivo, ma anche quando assuma la forma di un contributo agevolatore, e cioè quando il reato, senza la condotta di agevolazione, sarebbe ugualmente commesso ma con maggiori incertezze di riuscita o difficoltà.

Ne deriva che, a tal fine, è sufficiente che la condotta di partecipazione si manifesti in un comportamento esteriore che arrechi un contributo apprezzabile alla commissione del reato, mediante il rafforzamento del proposito criminoso o l'agevolazione dell'opera degli altri concorrenti e che il partecipe, per effetto della sua condotta, idonea a facilitarne l'esecuzione, abbia aumentato la possibilità del verificarsi del reato, perché in forza del rapporto associativo diventano sue anche le condotte degli altri concorrenti (v. Cass., n. 21082-04).

Esaminando una fattispecie prossima a quella che ci occupa, la Cassazione ha ripetuto che per la configurabilità del concorso di persone nel reato è necessario che il concorrente abbia posto in essere un comportamento esteriore idoneo ad arrecare un contributo apprezzabile alla commissione del reato, mediante il rafforzamento del proposito criminoso o l'agevolazione dell'opera degli altri concorrenti e che il partecipe, per effetto della sua condotta, idonea a facilitarne l'esecuzione, abbia aumentato la possibilità della produzione del reato.

E ciò veniva ribadito in una fattispecie in cui la Corte ha escluso la configurabilità del concorso nel delitto di cui all'art. 73 d.P.R. 309-90 nella condotta di un soggetto che, consapevole dell'altrui detenzione illecita, era alla guida dell'autovettura a bordo della quale viaggiavano due persone che nascondevano indosso la droga (v. Cass., n. 4383-13-14, RV 258185).

3.3 Ciò che si evince dal confronto fra gli elementi di fatto e i principi giuridici della materia concorsuale, sopra svolto, impone di adottare una soluzione assolutoria per l'imputata ….

Infatti, sotto il profilo del fatto, appare chiaro che … spacciava del tutto a prescindere dall'intervento della … e dalla guida (da parte della donna) della ….

La presenza e l'opera della donna, per quanto si è detto sopra, nulla aggiungevano e nulla toglievano all'attività criminosa dell'…, che poteva svolgersi in altri luoghi e con altre forme.

Addirittura, la presenza della donna, lungi dal favorire lo spaccio, era semmai un motivo di maggiore insicurezza per l'…, dato il suo (della …) potenziale ruolo di testimone assi scomoda dell'attività criminosa.

In conclusione: vi fu connivenza della …, e non concorso nei reati de quibus.

Il trattamento sanzionatorio

4) Trattamento sanzionatorio di …

Quanto al trattamento sanzionatorio da applicare all'…, i fatti sono contestati fino al gennaio 2014, quindi prima della novella apportata da C. cost. n. 32 del 2014.

Ebbene, secondo la stessa C. cost. n. 32-14, quanto agli effetti sui singoli imputati, è compito del giudice comune, quale interprete delle leggi, impedire che la dichiarazione di illegittimità costituzionale vada a detrimento della loro posizione giuridica, tenendo conto dei principi in materia di successione di leggi penali nel tempo ex art. 2 c.p., che implica l'applicazione della norma penale più favorevole al reo (v. anche C. cost. n. 5-14, par. 5.1 e 5.2; conf. Cass., n. 13903-14, par. 10, per la quale i fatti accaduti sotto la vigenza della norma incostituzionale sono comunque da essa regolati se essa risulti più favorevole, come nel nostro caso; conf. anche Cass. n. 44808-14).

In dottrina si è obiettato che varrebbero invece gli art. 25, co. 2, Cost., e 7 della CEDU, per arrivare però alla stessa conclusione propugnata da C. cost. 32-14.

Quindi pena base (considerato che i quantitativi di volta in volta spacciati dall'imputato erano di minima entità) viene fissata in quella di anni sei di reclusione ed euro trentamila di multa.

Ovvio è il vincolo della continuazione (art. 81 c.p.), trattandosi di condotte analoghe sotto il profilo modale, e poste in essere in tempi ravvicinati fra loro, oltre che ispirati da un fine unitario (il proprio sostentamento).

Notevole però è la frequenza e il numero delle cessioni, sicché ex art. 81 c.p. la pena viene aumentata fino ad anni nove di reclusione ed euro quarantacinquemila,00 di multa.

Grazie alla diminuente del rito la pena finale viene fissata in quella di anni sei di reclusione ed euro trentamila,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali (che consegue di diritto alla condanna).

Allo scopo di adeguare la pena al fatto (si ripete che si trattò di episodi di piccolo spaccio), all'imputato vengono concesse le attenuanti generiche equivalenti alla recidiva.

Visti e applicati gli artt. 29 e 32 c.p., si condanna il suddetto imputato all'interdizione perpetua dai pubblici uffici, nonché all'interdizione legale (e alla sospensione dell'eventuale responsabilità genitoriale) durante la pena.

Si è vista sopra la notevole pericolosità dell'imputato, desunta dalla frequenza dello spaccio e dalla professionalità di esso.

Pertanto, visti e applicati gli artt. 15, comma 1, del TU n. 286 del 1998, 235 c.p. e 86 del DPR n. 309 del 1990, si dispone l'espulsione del suddetto imputato … dal territorio nazionale una volta espiata la pena.

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