Per la Cassazione, la fuga della donna costituisce in sé violazione dell'obbligo di convivenza, salvo il dimostrare una "giusta causa"

di Marina Crisafi - Se lei va via di casa, l'addebito è automatico, salvo che non provi una giusta causa che abbia determinato l'allontanamento dall'abitazione familiare. È questo in sostanza quanto si ricava dall'ordinanza n. 25966/2016 (qui sotto allegata), con la quale la Cassazione ha dato ragione ad un ex marito disattendendo quanto affermato nel merito.

I giudici d'appello infatti avevano respinto la domanda di addebito della separazione all'ex moglie proposta dall'uomo, ritenendo che "per la pronuncia di addebito della separazione è necessaria non solo l'esistenza di una violazione degli obblighi tra coniugi nascenti dal matrimonio - ma pure - quella di uno stretto rapporto di causalità tra tale violazione e l'elemento della intollerabilità della convivenza".

Un ragionamento che, seppur conforme agli insegnamenti della Cassazione (cfr., tra le altre, Cass. n. 9074/2011; n. 2059/2012), per piazza Cavour va rivisto.

In tal caso, infatti, la situazione è diversa. Trovandosi di fronte, come nella vicenda, all'allontanamento dalla casa coniugale, è automatica la "violazione dell'obbligo di convivenza" con consequenziale addebito al coniuge che ha abbandonato l'abitazione. "Viene meno in tal senso - si legge nell'ordinanza - da parte del richiedente l'obbligo di provare il rapporto di causalità tra la violazione e l'intollerabilità della convivenza".

Alla donna rimane, quindi, una sola chance per smentire tale visione ed evitare l'addebito: provare di fronte ai giudici del rinvio, la "giusta causa dell'allontanamento, che potrebbe consistere in un comportamento negativo del coniuge o magari in un accordo tra i due coniugi per dare vita, almeno temporaneamente, ad una separazione di fatto, in attesa di una successiva formalizzazione".

Vedi anche: La separazione di fatto

Cassazione, ordinanza n. 25966/2016

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