Per il Tribunale di Milano, persino dopo un apronuncia di "non luogo a procedere" il legale può attivarsi per il pagamento dei suoi compensi

di Lucia Izzo - È fatto salvo il diritto al compenso dell'avvocato della parte ammessa al patrocinio statale anche se la relativa istanza non è depositata tempestivamente. Se il Tribunale, decorsi i termini previsti dal Testo Unico sulle spese di giustizia, abbia pronunciato il "non luogo a procedere", l'avvocato potrà sempre attivarsi, con giudizio ordinario, per chiedere il pagamento delle spettanze.


Lo ha chiarito il Tribunale civile di Milano, nona sezione, con ordinanza del 17 settembre 2016 (qui sotto allegata) relativamente a una vicenda che ha coinvolto il legale di una donna, ammessa al patrocinio a spese dello Stato, quanto a un processo di separazione personale.


Conclusasi tale procedura, l'avvocato ha presentato all'organo decidente istanza per la liquidazione del proprio compenso, la quale, tuttavia, è stata negata a mezzo di "non luogo a deliberare sulla richiesta" .


Il Collegio ha così aderito all'indirizzo della Sezione Nona Civile, espresso in occasione della entrata in vigore, in data 1 gennaio 2016, del "nuovo" testo dell'art. 83 d.P.R. 115 del 2002. Per effetto di tale norma, il decreto di pagamento (pronunciato con atto separato e distinto dalla sentenza) deve intervenire contemporaneamente alla pronuncia del provvedimento definitivo del giudizio, a seguito di rituale istanza del difensore.


Ciò in quanto, con il provvedimento che chiude il giudizio davanti a sé, il giudice si spoglia della potestas decidendi e non può più provvedere alla liquidazione avendo perso il relativo potere. Il difensore il cui compenso non sia stato liquidato nel corso del processo non decade dal relativo diritto potendo richiederlo con procedimento ordinario o con ingiunzione di pagamento.


Soluzione a cui aderisce l'avvocato ricorrente che "non impugna il decreto", ma, sulla scorta della interpretazione seguita dai giudici del detto provvedimento, richiede autonoma liquidazione del proprio compenso in via ordinaria, mediante ricorso al procedimento sommario di cognizione, il cui legittimato passivo per resistere alla domanda è il Ministero della Giustizia.


Pertanto, il principio seguito dal Tribunale meneghino è quello secondo cui il diritto al compenso spettante all'Avvocato della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato

permane anche se la relativa istanza non è depositata tempestivamente, nel rispetto dell'art. 83 comma 3-bis d.P.R. 115 del 2002, come modificato dalla legge 208 del 2015 e, in particolare, nel caso in cui sull'istanza tardivamente depositata il Tribunale abbia pronunciato "non luogo a provvedere".


Va osservato che, si legge nel provvedimento, ex art. 101 c.p.c., la controversia promossa non rientra tra quelle indicate dall'art. 170 d.P.R. 115 del 2002, poiché la domanda non costituisce una "opposizione" al già intervenuto decreto di pagamento del compenso bensì una autonoma istanza giudiziale di liquidazione del monte retributivo di competenza: non trova, dunque, applicazione l'art. 15 del dlgs. 150 del 2011 e la scelta del rito sommario di cognizione, ad opera del ricorrente, corrisponde a un utilizzo ordinario della normale procedura di cui all'art. 702-bis c.p.c

Vedi anche: Il gratuito patrocinio: guida e fac-simile dell'istanza

Tribunale di Milano, ord. 17 settembre 2016

Foto: 123rf.com
Altri articoli che potrebbero interessarti:
In evidenza oggi: