Commette un illecito civile chi priva il minore di un'importante figura di riferimento. Il punto della giurisprudenza

di Lucia Izzo - Separazione e divorzio sono eventi che coinvolgono in particolar modo i figli delle coppie che decidono di porre fine al loro rapporto. Non tutti i genitori, infatti, alla fine della relazione riescono a mantenere con la prole un rapporto scevro dalle implicazioni che l'evento ha avuto con il partner, nonostante la legge cerchi di tutelare il più possibile i minori incentivando la presenza dei genitori sia personalmente che economicamente nell'interesse dei figli. Spesso, addirittura, il genitore neppure riconosce il figlio avuto da una relazione, costringendo l'altro ad accollarsi gli oneri di mantenimento e privando il minore di un'importante figura di riferimento per la sua crescita.


Si parla del cd. diritto alla bigenitorialità, espressamente menzionato dall'art. 337 ter del codice civile, secondo il quale "Il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale". Un diritto che si salda con la previsione Costituzionale secondo cui "È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio".


La giurisprudenza, trovatasi ad affrontare diverse casistiche di trascuratezza e privazione affettiva da parte del genitore nei confronti dei figli, se da un lato ha confermato gli obblighi del genitore di concorrere al mantenimento del figlio, anche laddove la procreazione sia stata successivamente accertata con sentenza, e che le condotte inadempienti di un genitore possano integrare anche il reato di cui all'art. 570 del Codice Penale (Violazione degli obblighi di assistenza familiare), ha evidenziato anche la sussistenza di un vero e proprio illecito civile, conseguente alla violazione dei doveri inerenti all'assistenza, alla cura, al mantenimento e all'istruzione del figlio, derivante dalla volontaria, grave e reiterata sottrazione agli obblighi tutti derivanti dal rapporto di filiazione

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La Corte di Cassazione, nella sentenza n. 5652/2012, riguardante un figlio mai riconosciuto dal padre fino ad intervenuta sentenza ad hoc, ha confermato il risarcimento danni di natura non patrimoniale per la subita lesione dei fondamentali diritti della persona inerenti la qualità di figlio, precisando l'ambito del c.d. illecito endofamiliare: si tratta di comportamenti che, ove cagionino la lesione di diritti costituzionalmente protetti, possono integrare gli estremi dell'illecito civile e dare luogo ad un'autonoma azione volta al risarcimento dei danni non patrimoniali ai sensi dell'art. 2059 c.c.


Stesso risultato anche nella sentenza n. 16657/2014 della Suprema Corte, riguardante due figli che il convenuto non aveva riconosciuto e dei quali si era del tutto disinteressato, avendoli abbandonati e avendo fatto mancare loro l'assistenza morale e materiale. Il genitore, precisa la Corte, è responsabile della violazione degli obblighi nascenti dal rapporto di filiazione, per avere privato i figli dell'affettività paterna, per avere dimostrato totale insensibilità nei loro confronti, come dimostrato dal rifiuto di corrispondere i mezzi di sussistenza e negato loro ogni aiuto, non solo economico, con conseguente violazione di diritti di primaria rilevanza costituzionale.


Infatti, la violazione dei doveri di mantenimento, istruzione ed educazione dei genitori verso la prole, a causa del disinteresse mostrato nei confronti dei figli per lunghi anni è un comportamento idoneo ad integrare un fatto generatore di responsabilità aquiliana, poichè rivelatore di responsabilità genitoriale per avere deprivato i figli della figura genitoriale, che costituisce un fondamentale punto di riferimento soprattutto nella fase della crescita.


Principi avallati anche dalla giurisprudenza di merito: il Tribunale di Venezia, sezione terza, civile, in una sentenza del 30 giugno 2004 ha verificato la lesione di un diritto fondamentale del figlio laddove questi venga immotivatamente trascurato o rifiutato dal genitore, privato dell'apporto morale e assistenziale che, trascendendo l'ambito strettamente patrimoniale, evidenzia una lesione risarcibile e riconducibile del c.d. danno esistenziale.


Di recente il Tribunale di Roma, sentenza n. 11564/2016, ha condannato un padre a risarcire ai figli il danno non patrimoniale per la lesione subita a seguito della privazione della figura paterna, non avendo il genitore versato il mantenimento, frequentato gli incontri con i figli e occupatosi della loro crescita dopo la separazione o il divorzio. Anche qui indubbia la configurazione di un illecito che giustifica il risarcimento per i figli una volta divenuti maggiorenni.


Si tratta di un danno che può essere fatto valere addirittura contro gli eredi del genitore, come dimostra la sentenza della Corte di Cassazione n. 3079/2015, con cui gli Ermellini hanno evidenziato che il disinteresse dimostrato da un genitore nei confronti di una figlia aveva integrato sia la violazione degli obblighi di mantenimento, istruzione ed educazione, e incrinato quei diritti nascenti dal rapporto di filiazione riconosciuti e tutelati dalla Costituzione e dalle norme internazionali.


Alla figlia, trascurata per tutta la vita del padre, la Cassazione riconosce il diritto ad agire nei confronti della moglie e figlia "legittima" del genitore defunto, in qualità di suoi eredi, per il risarcimento del danno non patrimoniale derivante dall'abbandono, oltre che dal mancato mantenimento, e dalla privazione di tutti gli oneri derivanti dal rapporto di filiazione.


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