L'ipoteca è sproporzionata quando il valore per la quale è iscritta supera quello dell'immobile su cui va a gravare, in questi casi il debitore può chiedere la riduzione della stessa (art. 2874 c.c.) al creditore o al giudice

Ipoteca sproporzionata: cos'è

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Prima di lasciarsi "prendere la mano" nell'iscrivere un'ipoteca bisogna pensarci almeno due volte: se il valore è sproporzionato, infatti, il creditore rischia di risponderne in maniera aggravata. Almeno secondo i più recenti orientamenti giurisprudenziali.

Ma vediamo, innanzitutto, cosa si intende per ipoteca sproporzionata, per poi approfondire le conseguenze della sua iscrizione e soffermarci su cosa fare per porvi rimedio.

Un'ipoteca si considera sproporzionata quando essa, legale o giudiziale, viene iscritta su beni il cui valore sia eccessivo rispetto all'ammontare dei crediti che con la stessa si intende garantire.

In particolare, deve ritenersi che vi sia sproporzione quando:

  • il valore dei beni su cui viene iscritta l'ipoteca superi di un terzo l'importo dei crediti, maggiorato di interessi e accessori,
  • se la somma che il creditore ha determinato nel momento dell'iscrizione ecceda di un quinto quella dichiarata dovuta dall'autorità giudiziaria.

Ipoteca sproporzionata: conseguenze per il creditore

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Le conseguenze previste per il creditore che iscrive un'ipoteca sproporzionata sono state oggetto, negli ultimi anni, di un netto cambio di orientamento da parte della giurisprudenza della Corte di cassazione.

Al contrario di quanto ritenuto in passato, infatti, con la sentenza di qualche anno fa, ossia la n. 6533/2016, facendo da apripista, ha affermato che, nel caso in cui il creditore ometta di utilizzare la normale prudenza quando si accinge ad aggredire i beni del debitore, le sanzioni processuali endogene scattano automaticamente per violazione del comma 2 dell'articolo 96 del codice di rito.

Come ha infatti avuto modo di ribadire anche la recente Cassazione n. 39441/2021 "Superando il risalente orientamento in base al quale il creditore che abbia iscritto ipoteca su beni eccedenti l'importo del credito vantato non può mai essere chiamato a rispondere nei confronti del debitore per danni da illecito aquiliano ex art. 2043 c.c., essendo possibile configurare a carico del creditore procedente solamente la responsabilità processuale ex art. 96, 1° co., c.p.c. qualora quest'ultimo -convenuto per la riduzione dell'ipoteca- resista in giudizio con mala fede o colpa grave, questa Corte è recentemente pervenuta a diversamente affermare che il creditore il quale, senza adoperare la normale diligenza, iscriva ipoteca su beni per un valore sproporzionato rispetto al credito garantito secondo i parametri previsti dagli artt. 2875 e 2876 c.c. incorre, qualora sia accertata l'inesistenza del diritto per cui è stata iscritta l'ipoteca giudiziale medesima, nella responsabilità prevista dall'art. 96, 2° co., c.p.c., configurandosi un abuso della garanzia patrimoniale in danno del debitore (v. Cass., 5/4/2016, n. 6533).

Il mutamento di rotta, per la Corte, trova fondamento nelle riforme che hanno interessato il nostro ordinamento negli ultimi anni e che impongono una lettura della problematica orientata al rispetto del giusto processo costituzionale e al rigetto dell'abuso del diritto processuale. Del resto, il giusto processo non può derivare dall'esercizio degli interessi sostanziali in maniera eccedente, o deviante, rispetto ai limiti della tutela offerta ai cittadini.

Riduzione dell'ipoteca sproporzionata

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In ogni caso, il debitore che ha subito l'iscrizione di un'ipoteca sproporzionata sui propri beni può domandarne la cosiddetta riduzione.

Riduzione che diviene operativa o con il consenso del creditore oppure, se questi non lo presta, con sentenza giudiziale, che riporta il valore dell'ipoteca entro i limiti previsti dal nostro ordinamento.

A prevederlo è l'articolo 2874 del codice civile, in base al quale: "Le ipoteche legali, eccettuate quelle indicate dai numeri 1 e 2 dell'articolo 2817, e le ipoteche giudiziali devono ridursi su domanda degli interessati, se i beni compresi nell'iscrizione hanno un valore che eccede la cautela da somministrarsi o se la somma determinata dal creditore nell'iscrizione eccede di un quinto quella che l'autorità giudiziaria dichiara dovuta".

Spese della riduzione dell'ipoteca

Le spese che occorre sostenere per la riduzione sono quasi sempre a carico del richiedente, anche se vi è stato il consenso del creditore. Fa eccezione solo il caso in cui la riduzione sia stata fatta per eccesso nella determinazione del credito fatta dal creditore: in tale ipotesi è quest'ultimo a farsene carico.

Conclusione questa confermata anche dalla sopra citata Cassazione n. 39441/2021: "Nel regolare le spese della riduzione dell'ipoteca l'art. 2877 c.c. distingue infatti tra spese necessarie per eseguire la formalità ipotecaria (1° comma) e spese del giudizio che il debitore debba promuovere per ottenere che, in mancanza del consenso del creditore, la riduzione sia ordinata con sentenza (20 comma): le prime sono a carico del (debitore) richiedente, a meno che la riduzione abbia luogo per eccesso (non nella valutazione dei beni ma) nella determinazione del credito; le seconde, salva la loro compensazione secondo le circostanze, sono in linea di principio a carico del soccombente e così del creditore che, dovendo consentire alla riduzione quando ne ricorrono gli estremi, non adempia spontaneamente a tale obbligo (v. Cass. 5/4/1990, n. 2866)."

Di conseguenza, se la riduzione è stata ordinata con sentenza, le spese giudiziali sono, per regola generale, a carico del soccombente, salva l'ipotesi eccezionale della compensazione.

Valeria Zeppilli

Foto: 123rf.com
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