Per la Cassazione, non c'è nessun nocumento in caso di rivalsa della compagnia assicuratrice alla parte manlevata dall'avvocato che ha continuato il giudizio transatto

di Lucia Izzo - Non sussiste il reato di infedele patrocinio se manca il nocumento agli interessi della parte assistita, inteso questo non necessariamente come danno patrimoniale, ma anche nel senso di mancato conseguimento dei beni giuridici o dei benefici di ordine anche solo morale che alla stessa parte sarebbero potuti derivare dal corretto e leale esercizio del patrocinio legale.


Lo ha ribadito la Corte di Cassazione, VI sezione penale, nella recente sentenza n. 43467/2015 (qui sotto allegata). 

Contro la sentenza della Corte d'Appello che aveva rideterminato la pena, ricorre dinnanzi agli Ermellini un avvocato, responsabile per il reato previsto dall'art. 380 c.p. ai danni della sua assistita e di diffamazione continuata nei confronti di un collega. 


L'avvocato si è reso colpevole di un comportamento professionalmente scorretto nel decidere autonomamente di proseguire il giudizio, nonostante fosse intervenuta transazione con la società assicuratrice con la contestuale rinuncia all'azione civile esercitata. Secondo i giudici di merito, ciò avrebbe esposto la parte rappresentata alle conseguenze negative, anche solo morali, del giudizio di rivalsa da parte della compagnia assicuratrice.


L'imputato evidenzia che per il reato in esame non è sufficiente il danno morale consistente nella esposizione dell'assistita al giudizio di rivalsa da parte della compagnia assicuratrice proprio perché le somme versate in via transattiva erano state a lui corrisposte.

In aggiunta, neppure vi sarebbe statoalcun danno economico posto che il patrocinatore aveva provveduto a rilasciare manleva in caso di rivalsa da parte della compagnia assicuratrice: pertanto, in caso di successivo giudizio, soltanto l'avvocato sarebbe potuto essere citato in giudizio dall'assicurazione e priva di legittimazione passiva sarebbe stata la cliente.


Gli Ermellini ritengono la domanda meritevole d'accoglimento e, al contempo, estinto il reato di diffamazione per l'intervenuta remissione di querela.

I giudici chiariscono che per il perfezionamento del reato di patrocinio infedele è necessaria, in primo luogo "una condotta del patrocinatore irrispettosa dei doveri professionali stabiliti per fini di giustizia a tutela della parte assistita ed, in secondo luogo, un evento che implichi un nocumento agli interessi di quest'ultimo". Può trattarsi di un danno patrimoniale, civilisticamente inteso, ma anche del mancato conseguimento dei beni giuridici o dei benefici di ordine anche solo morale.


Nel caso di specie, va osservato che non è individuata alcuna perdita di beni apprezzabili anche solo sotto il profilo morale da parte della cliente, "ma questa solo erroneamente è stata esposta alla pretesa di rimborso delle spese legali pagate per la seconda volta dalla Compagnia assicuratrice, trattandosi di spese legali attribuite direttamente al difensore distrattario, come riconosciuto dalla sentenza di appello".


La sentenza va dunque annullata senza rinvio poiché il reato non sussiste



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Cass., VI sez. penale, sent. 43467/2015

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