Per la Cassazione, gli accordi anteriori, coevi o successivi alla separazione possono assumere valore negoziale e produrre autonomi effetti obbligatori

di Lucia Izzo - È valido l'accordo di carattere patrimoniale che i coniugi hanno stretto ai margini del giudizio di separazione, pendente in grado di appello volto alla composizione del relativo contrasto.

Ai sensi della più recente giurisprudenza, che ha valorizzato la posizione del singolo all'interno del nucleo familiare, tali accordi non sono di per sé contrari all'ordine pubblico, ma assumono valore negoziale.


Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, terza sezione civile, nella sentenza 24621/2015 (qui sotto allegata), accogliendo il ricorso del marito nonostante il parere contrario del Sostituto Procuratore Generale.

Ha sbagliato il giudice del gravame a ritenere formato il giudicato sulla sentenza di primo grado per inefficacia dell'accordo intervenuto in appello con cui le parti hanno regolamentato alcune condizioni di separazione, non sottoponendo l'atto al giudice per l'omologazione


Gli Ermellini rammentano che nel quadro giurisprudenziale attuale l'interesse della famiglia non è più superiore e trascendente rispetto alla somma di quelli, coordinati e collegati, dei singoli componenti: pertanto, si ammette sempre più frequentemente un'ampia autonomia negoziale ed una vera e propria logica contrattuale, seppur con qualche cautela per tutelare i minori o i soggetti più deboli.


A titolo esemplificativo, si rammenta che la Cassazione ritiene valida tra le parti e nei confronti dei terzi la clausola di trasferimento di immobile tra i coniugi, contenuta nei verbali di separazione o recepita dalla sentenza di divorzio congiunto o magari, come nella specie, sulla base di conclusioni uniformi, essendo soddisfatta l'esigenza della forma scritta.


Gli accordi omologati non esauriscono necessariamente ogni rapporto tra i coniugi: nella prassi accade frequentemente che vi siano accordi anteriori, contemporanei o magari successivi alla separazione o al divorzio, nella forma della scrittura privata o dell'atto pubblico.

L'accordo tra le parti in sede di separazione o di divorzio, magari quale oggetto di precisazioni comuni in un procedimento originariamente contenzioso, ha natura sicuramente negoziale e talora dà vita ad un vero e proprio contratto.


Anche se esso non si configurasse come contratto, proseguono i giudici, "all'accordo stesso sarebbero sicuramente applicabili alcuni principi generali dell'ordinamento, come quelli attinenti alla nullità dell'atto o alla capacità delle parti, ma pure alcuni più specifici".

Il ricorso va quindi accolto e la parola passa al giudice di rinvio che dovrà esaminare le doglianze proposte dal marito con riferimento all'accordo transattivo utilmente raggiunto tra le parti in corso di causa e idoneo a produrre autonomi effetti obbligatori.

Cass., III sez. civile, sent. 24621/2015

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