Per la Cassazione, esse entrano a far parte definitivamente del patrimonio del coniuge solo nel caso in cui siano state percepite prima dell'instaurazione del giudizio divorzile
di Valeria Zeppilli - Se un coniuge divorziato non è in grado di precisare quando ha ricevuto le anticipazioni sul trattamento di fine rapporto, il giudice non può accogliere la domanda di riduzione della relativa quota spettante all'ex coniuge.

Sulla base di tale precisazione la Corte di Cassazione, con l'ordinanza numero 24184/2015, depositata il 26 novembre (qui sotto allegata), ha rigettato il ricorso di un uomo che non si rassegnava a dover versare oltre diecimila euro alla ex moglie, quale quota ad essa spettante sul suo TFR.

Le anticipazioni, infatti, ricorda la Corte, potrebbero ritenersi entrate a far parte definitivamente del patrimonio del coniuge solo nel caso in cui egli le abbia percepite prima dell'instaurazione del giudizio divorzile. Insomma: o durante la convivenza matrimoniale o, semmai, nel corso della separazione.

In tal senso, del resto (e come sottolineano gli stessi giudici di legittimità), la Cassazione si era già espressa con le sentenze numero 19427 del 2003, 19046 del 2005 e 24421 del 2013.

In assenza di specificità circa il momento in cui le anticipazioni sul trattamento di fine rapporto siano entrate a far parte del patrimonio del ricorrente, quindi, per la Corte non resta altro che confermare quanto già statuito dal giudice del merito: alla moglie vanno versati 10.406,12 euro quale percentuale dell'indennità di fine rapporto percepita dall'ex marito.

Corte di cassazione testo ordinanza numero 24184/2015
Valeria Zeppilli

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