Per la Cassazione, la consumazione del reato è idonea di per sé a dimostrare la sussistenza di conseguenze dannose in capo alla vittima

di Valeria Zeppilli - Con la sentenza n. 3597/2015, depositata il 4 settembre (qui sotto allegata), la Corte di Cassazione torna ad occuparsi di danno morale e lo fa dichiarandolo insito all'ipotesi di maltrattamenti.

La consumazione di un reato, infatti, è, per i giudici, idonea di per sé a provare la sussistenza di conseguenze dannose in capo alle vittime, senza che sia necessaria una loro diretta dimostrazione. Tanto più se si tratta di un reato, come quello di specie, che incide in maniera netta e invadente sulla qualità della vita dei soggetti che lo subiscono.

Nel caso di specie il ricorrente era stato condannato in appello per il reato di maltrattamenti in danno della moglie.

Rivoltosi alla Corte per veder ribaltata la decisione del giudice del merito, contestando anche il riconoscimento in capo alla vittima del danno morale, l'uomo si è visto respingere ogni pretesa.

Gli atti compiuti, sebbene non tutti singolarmente idonei ad integrare una fattispecie di reato, nel loro complesso hanno creato un clima di oppressione e prevaricazione tale da permettere di ritenere pacificamente integrato il reato di maltrattamenti.

Confermata tale circostanza, e per le argomentazioni esposte, la Corte ha ribadito che dal riconoscimento della responsabilità per maltrattamenti deriva l'automatica dimostrazione delle conseguenze dannose subite dalla vittima del reato sul piano morale, senza che esse necessitino di un'autonoma prova.

Così il ricorso è stato dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese di lite e di ulteriori mille euro a favore della Cassa delle ammende.

Corte di cassazione testo sentenza n. 3597/2015
Valeria Zeppilli

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