Anche se l'imputato è stato poi assolto, non può essere incriminato il giornalista che ha riportato stralci dell'accusa
Non commette reato il giornalista che ha riportato in un articolo frasi dell'accusa. Lo dice la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo nella sentenza  Hlynsdóttir del 03 giugno 2015 sul tema della della libertà di stampa.

La questione di cui si è occupata la Corte riguardava la citazione in un articolo di giornale, di un imputato (successivamente assolto), definendolo "trafficante" e riportando stralci dall'atto di accusa. 

Il soggetto era, poi, stato prosciolto dall'accusa ed aveva querelato la giornalista islandese che aveva scritto l'articolo.

La Corte, nell'occuparsi del caso, ha valutato complessivamente l'articolo riportandolo al contesto spazio-temporale in cui è stato scritto

All'epoca il processo era ancora in corso, il querelante aveva la qualità giuridica di imputato e gli stralci riportati dalla giornalista sono quelli di un atto del processo autentico. 

Fondamentale, ai fini della pronuncia favorevole della Corte, è stata la valutazione dell'utilità della notizia per la comunità

Avendo valutato la libertà di informare (e quella, speculare, di essere informati) come prevalente rispetto al diritto al nome del querelante, è giunta all'assoluzione della giornalista ed ha anche disposto la restituzione della somma che pagata come sanzione. Non solo, la corte Europea ha anche riconosciuto alla reporter un risarcimento del danno non patrimoniale di 4mila euro per lo stress subìto per il procedimento a suo carico.

Questa sentenza svicola, dunque, il giornalista dalla necessità di valutare l'attendibilità di fonti già definite tali dall'organo giudiziario procedente. Va da se, però, l'obbligo di informare il lettore che ci si trova nella fase inquirente e, dunque, di verifica delle accuse.

Qui di seguito il allegato il testo della sentenza in lingua inglese.

Testo della sentenza Hlynsdóttir della Corte Europea in lingua inglese

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