Una tirata d'orecchie dalla Cassazione per un provvedimento la cui motivazione è talmente criptica e contratta che non è dato trarne alcuna conseguenza sicura

Con sentenza n. 8625/2015 la Corte di Cassazione ha ricordato che il GIP, all'esito dell'udienza preliminare se intende emettere sentenza di non luogo a procedere, deve motivare sulla inutilità del giudizio e deve conformare la motivazione del proprio provvedimento al modello normativo, che esige "completezza, linearità dell'argomentazione, coerenza e, in ultima analisi, comprensibilità". 


Insomma una vera e propria tiratina d'orecchie per un provvedimento la cui motivazione, come si legge in sentenza, è talmente criptica e contratta che non è dato trarne alcuna conseguenza sicura.


La Cassazione fa anche notare che il GIP non è tenuto ad apprezzare la colpevolezza dell'imputato, ma "solo la ragionevole probabilità che il dibattimento culmini con un accertamento positivo circa il fondamento dell'ipotesi accusatoria".


La sentenza di non luogo a procedere quindi non deve contenere indebite anticipazioni del giudizio di merito, ma deve maturare attraverso la convinzione che la carenza di elementi per la condanna resterebbe tale anche all'esito di un dibattimento e di un'istruttoria "condotta secondo linee ragionevolmente concepibili".

 

La motivazione della sentenza di non luogo a procedere deve dunque enunciare un giudizio di inutilità del dibattimento.


Nel caso preso in esame dei giudici di piazza Cavour il GIP aveva disposto il non luogo a procedere nei confronti di un agente di polizia penitenziaria che aveva tentato di introdursi ad una festa danzante riservata ai soli invitati, esibendo il suo tesserino di polizia alla guardia giurata che si trovava all'ingresso.

Nella circostanza aveva anche tentato di usare la forza per entrare ma senza riuscirvi.

Una simile condotta era stata considerata irrilevante dal GIP anche in considerazione del fatto che era maturata una volontaria desistenza dell'interessato. Secondo il pubblico ministero però il giudice territoriale non avrebbe tenuto conto del fatto che l'irrilevanza della condotta ex articolo 56 comma 3 del codice penale sarebbe esclusa per il fatto che la pretesa di entrare nel locale era fallita solo per la resistenza della guardia giurata e non certo per una volontaria desistenza.


La Corte di Cassazione ha annullato il provvedimento impugnato spiegando che il giudice del rinvio dovrà decidere sulla richiesta di rinvio a giudizio tenendo conto della regola di quell'articolo 425 del codice di procedura penale (sentenza di non logo a procedere) e nel contempo motivare con coerenza e comprensibilità.

Qui sotto il testo della sentenza.

Cassazione Penale, Sentenza 26 febbraio 2105, n. 8625

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