Il testamento olografo è valido solo se la firma del de cuius è apposta in calce al documento? Quali sono i requisiti affinchè una scrittura privata costituisca valida disposizione della volontà del testatore?

A queste domande ha risposto la Corte di Cassazione, con sentenza n. 14119 del 20 giugno 2014, rigettando il ricorso di un erede che lamentava l'asserita validità del testamento, redatto dalla madre defunta, a favore della sorella. Accolta in primo grado, per assenza della firma in calce e di alcuna volontà testamentaria, la domanda di nullità della lettera scritta di pugno dalla madre veniva invece respinta dalla Corte d'appello che, valutando il contenuto e la presenza della firma a margine (data la "mancanza di altro più acconcio spazio sul folio") confermava la validità del documento quale testamento olografo.

La Cassazione, confermando il ragionamento della corte di merito, ha affermato che è da ritenersi rispettato il dettato normativo dell'art. 602 c.c. "quando la sottoscrizione delle disposizioni di ultima volontà è stata apposta a margine o in altra parte della scheda, anziché in calce alla medesima, a causa della mancanza di spazio su cui apporla".

In ordine alla manifestazione della voluntas testandi, ha osservato inoltre la Corte "perché si abbia una manifestazione di ultima volontà e quindi esista un negozio "mortis causa", è necessario soltanto che lo scritto contenga la manifestazione di una volontà definitiva dell'autore, nel senso che essa si sia compiutamente ed incondizionatamente formata e manifestata e sia diretta a disporre attualmente, in tutto o in parte, dei propri beni per il tempo successivo alla propria morte".

Pertanto, considerato che "ai fini della configurabilità di una scrittura privata

come testamento olografo non è sufficiente il riscontro dei requisiti di forma individuati dall'art. 602 cod. civ., occorrendo, altresì, l'accertamento dell'oggettiva riconoscibilità nella scrittura della volontà attuale del suo autore di compiere non già un mero progetto, ma un atto di disposizione del proprio patrimonio per il tempo successivo al suo decesso", accertamento che costituisce un "prius" logico rispetto alla stessa interpretazione della volontà testamentaria, rimesso al giudice del merito e insindacabile in sede di legittimità, la S.C. ha rigettato il ricorso, condannando la ricorrente alle spese di giudizio. 


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