di Gerolamo Taras - La Pubblica Amministrazione non può arrogarsi un ulteriore termine di 120 giorni (previsto dall' art. 14 D.L. n. 669/1996) in aggiunta a quello assegnatole dall' art. 90 R.D. n. 642/07 per ottemperare alle decisioni degli organi  giurisdizionali, ritardando così ingiustificatamente le legittime aspettative dei cittadini.

Il termine per la presentazione dei ricorsi per l' adempimento dell' obbligo della pubblica Amministrazione di uniformarsi ai provvedimenti definitivi  della Magistratura   è stabilito, infatti,  dall'art. 90 R.D. n. 642/07. Il ricorso non può essere  proposto prima che siano trascorsi  trenta giorni da quello in cui l'autorità amministrativa è stata messa in mora per  provvedere. Quindi l' Amministrazione ha tutto il tempo per ragionare sulle modalità con le quali ottemperare i provvedimenti dell' Autorità Giudiziaria. Senza contare poi che il Giudice Amministrativo assegna un ulteriore termine per provvedere, alla scadenza del quale, nel caso di ulteriore inadempimento, interverrà un commissario ad acta appositamente nominato.

Secondo alcuni Tribunali Amministrativi Regionali, (in questo caso TAR TOSCANA - SEZIONE I, sentenza n. 01166/2013) il decorso del termine dilatorio di centoventi giorni, di cui all'art. 14 co. 1 del D.L. 669/1996, integra una condizione relativa a qualsiasi tipo di azione esecutiva intentata nei confronti della P.A.

Per il Consiglio di Stato -Sezione Quarta, sentenza N. 02785/2014 del  29/05/2014- non esiste alcuna esigenza, meritevole di tutela da parte dell' ordinamento, perche le due norme si combinino tra loro, disponendo un termine più lungo a favore della Pubblica Amministrazione per l' adempimento degli obblighi scaturenti da sentenze definitive.

Per il Giudice di Appello,  il mancato rispetto del termine dilatorio di centoventi giorni, di cui all'art. 14 co. 1 del D.L. 669/1996, non può  costituire una condizione relativa all'azione esecutiva intentata nei confronti della P.A.

L'art. 14 comma 1° D. L. n. 669/96 riguarda, infatti, le procedure per l'esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali e dei lodi arbitrali aventi efficacia esecutiva e comportanti l'obbligo di pagamento di somme di danaro che devono essere completate dalle  amministrazioni dello Stato e degli enti pubblici non economici entro  il termine di centoventi giorni dalla notificazione del titolo esecutivo. Prima di tale termine il creditore non ha diritto di procedere ad esecuzione forzata nè alla notifica di atto di precetto".

"La norma in esame, avente ad oggetto la previsione di un termine dilatorio per la proposizione dell'azione esecutiva nei confronti degli enti pubblici non economici, concerne le sole fattispecie di esecuzione forzata disciplinate dal codice di procedura civile come si evince dall' inequivoco riferimento, ivi contenuto, all' "esecuzione forzata" e all'"atto di precetto".

Secondo il Consiglio di Stato "Non risulta invero possibile l'estensione per analogia dell'art. 14 D.L. n. 669/96 al giudizio di ottemperanza che si svolge davanti al Giudice Amministrativo".

Infatti, la "ratio" del divieto previsto dalla disposizione in esame deve essere individuata nell'esigenza di accordare alle amministrazioni statali e agli enti pubblici non economici, attraverso il differimento dell'esecuzione, uno "spatium adimplendi" per la preparazione dei mezzi finanziari occorrenti al pagamento dei crediti azionati al fine di evitare la paralisi dell'attività amministrativa derivante dai ripetuti pignoramenti di fondi, contemperando in tal modo l'interesse del singolo alla realizzazione del suo diritto con quello, generale, ad una ordinata gestione delle risorse finanziarie pubbliche.

Questa finalità, sempre secondo i Giudici della Sezione,  è garantita, senza alcun bisogno di estendere  l'ambito applicativo dell'art. 14 D.L. n. 669/96, dalle peculiarità proprie del giudizio di ottemperanza,  ed in particolare:

a) dalla previa messa in mora, prevista dall'art. 90 R.D. n. 642/07, mediante atto giudiziario notificato contenente un termine dilatorio di almeno trenta giorni (maggiore rispetto a quello di dieci giorni previsto per il precetto dall'art. 480 c.p.c.);

b) dalla successiva comunicazione del ricorso, da parte della Segreteria del Giudice, all'Amministrazione inadempiente, ai sensi dell'art. 91 del R.D. n. 642/07, per le eventuali osservazioni che possono essere depositate entro venti giorni dalla ricevuta comunicazione;

c) dall'inesistenza di un atto equivalente al pignoramento idoneo a sottrarre immediatamente, per effetto del vincolo ad esso connesso, beni o denaro dalla disponibilità dell'amministrazione;

d) dal fatto che solitamente la sentenza che conclude il giudizio di ottemperanza assegna all'amministrazione un ulteriore termine per provvedere scaduto il quale interviene, in via sostitutiva, un commissario ad acta.

"A ciò si aggiunga che, anche da un punto di vista formale, l'estensione analogica dell'art. 14 D.L. n. 669/96 appare preclusa, in virtù dell'art. 14 delle preleggi (che sancisce l'inapplicabilità delle leggi eccezionali "oltre i casi e i tempi in esse considerati"), dalla sua natura di norma derogatoria del principio generale di responsabilità del debitore per l'adempimento delle sue obbligazioni previsto dall'art. 2740 c.c. (per la natura di principio generale della responsabilità del debitore cfr. Cass. civ., sez. lav., 8 ottobre 1996 n. 8789)".

Consiglio di Stato -Sezione Quarta, sentenza N. 02785/2014 del 29/05/2014
Gerolamo Taras - dott.ninotaras@gmail.com - Altri articoli di questo autore

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