Ancora una sentenza sul limite della normale tollerablità

La Corte di Cassazione occupandosi di una questione strettamente procedurale (nullità dell'archiviazione del processo se non c'è stato avviso alla persona offesa dal reato), ha avuto occasione di tornare ancora una volta su una questione di diritto sostanziale ossia sul tema dei rumori che disturbano la quiete e il riposo delle persone.

Più volte in questo portale si è trattato delle conseguenze civili e penali che possono derivare dalle immissioni rumorose (Vedi: Tutela civile e penale contro le immissioni di rumore)

In ambito penale è l'articolo 659 c.p. a stabilire sanzioni per chi "mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche, ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici".

In questa nuova sentenza (n. 27434 /2014) la Corte di Cassazione ricorda ancora una volta che per potersi configurare il reato "è necessario che le emissioni sonore rumorose siano tali da travalicare i limiti della normale tollerabilità, in modo da recare pregiudizio alla tranquillità pubblica, e che i rumori prodotti siano, anche in relazione alla loro intensità, potenzialmente idonei a disturbare la quiete ed il riposo di un numero indeterminato di persone, ancorché non tutte siano state poi in concreto disturbate".

In buona sostanza non si può avere riguardo alle lamentele di una o più singole persone ma occorre valutare l'entità del dei rumori in rapporto alla sensibilità media "del gruppo sociale in cui tale fenomeno si verifica".

Va detto però che se il bene tutelato dalla norma penale è la quiete pubblica (e per queste ragioni la Corte ha sempre ribadito che i rumori debbono essere idonei a disturbare un numero indeterminato di persone), in sede civile assume maggior rilievo la posizione del singolo che a fronte di rumori che superano la normale tollerabilità può avvalersi delle tutele previste dagli articoli 844 e 2043 del codice civile.

CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N. 27434 /2014

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