Le linee guida, in campo medico, hanno sempre avuto una grande rilevanza per accertare la sussistenza della responsabilità dei sanitari, o per escluderla.

Costituiscono uno dei parametri con cui valutare la condotta tenuta dal medico e oggi, dopo l'adozione della  L. 189/2012, la c.d. Legge Balduzzi, acquisiscono maggiore importanza.

L'art. 3 della predetta Legge, infatti, recita "... l'esercente la professione sanitaria, che nello svolgimento della propria attività si attiene alle linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica, non risponde penalmente per colpa lieve".

La norma non specifica quali linee guida debbano essere adottate come parametro al quale rapportare la condotta del sanitario, bensì si limita a specificare che devono essere accreditate dalla comunità scientifica.

Ma la redazione delle linee guida può celare la soddisfazione di interessi non sempre coincidenti o compatibili con quelli del paziente.

Ecco perché, la Suprema Corte, con la sentenza n. 46753/2013, ha precisato che le linee guida richiamate dall'art. 3 della Legge Balduzzi, per avere rilevanza nell'accertamento delle responsabilità del medico, devono: 

a)  indicare i requisiti standard diagnostico e terapeutici conformi alle regole dettate dalla migliore scienza medica a garanzia della salute del paziente; 

b)  non devono essere ispirate ad esclusive logiche di economicità della gestione, sotto il contenimento delle spese, in contrasto con le esigenze di cura del paziente.

Questa interpretazione, però, non elimina i dubbi sorti sulla norma in parola, poiché alcuni concetti fondamentali rimangono imprecisi e indefiniti. 

La Suprema Corte, infatti, rispetto al primo parametro non specifica niente di più di quanto già indicato dalla lettera della norma.

Pur avendone avuto l'occasione, poi, non ha specificato cosa significa la locuzione "migliore scienza medica" e non ha neanche chiarito quali condizioni debba soddisfare un comitato scientifico o un gruppo di ricerca, per essere definito "migliore scienza medica".

Il secondo requisito dettato dalla sentenza di legittimità, di carattere negativo, atteso che esclude l'applicabilità di linee guida tendenti non alla tutela del paziente, ma al contenimento dei costi, invece, non costituisce una grossa novità, poiché afferisce ad un principio oramai consolidato in giurisprudenza (Cass. Pen. 8254/2010).

I dubbi interpretativi, quindi, sono destinati a permanere, anche perché la Corte Costituzionale, investita della questione di legittimità costituzionale relativa all'art. 3 della Legge Balduzzi, sollevata dal Tribunale di Milano, ha dichiarato inammissibile il provvedimento di remissione, senza entrare nel merito dei fondati rilievi evidenziati dal Tribunale meneghino (Corte Costituzionale, Ordinanza n. 295/2013).

Avv. Gennaro Marasciuolo

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