di Marco Massavelli - Corte di Cassazione Civile, sezione I, sentenza n. 23441 del 16 ottobre 2013. Se dopo la pronuncia passata in giudicato l'assegno di mantenimento è escluso o diminuito, non è legittima la restituzione delle somme versate. Il denaro corrisposto in esecuzione dei provvedimenti emessi in sede di udienza presidenziale non sono ripetibili. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione Civile, con la sentenza 16 ottobre 2013, n. 23441.

Se il giudice del merito revoca l'obbligo del coniuge di versare l'assegno di mantenimento dei figli, respingendo la domanda di ripetizione delle somme percepite, per l'insussistenza del requisito della convivenza dei figli con il coniuge percipiente, diventa logicamente superflua la valutazione della condizione economica delle parti. La restituzione delle somme indebitamente percette non è dovuta allorquando il percipiente abbia assunto una condotta processuale menzognera, smentita dalla risultanze istruttorie, così da indurre in errore il giudicante: infatti, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che sono irripetibili le somme versate a titolo di assegno di mantenimento, nelle ipotesi in cui questo sia escluso o diminuito a seguito di pronuncia passata in giudicato (si veda, al riguardo, Cass. Civ. sent. n. 11029 del 5 ottobre 2009), e deve ritenersi infondata la deduzione relativa all'ottenimento fraudolento dell'assegno, per mezzo di false dichiarazioni della parte in sede di comparizione dei coniugi, e la conseguente richiesta di condanna per responsabilità aggravata ex articolo 96, codice procedura civile.

In sede di ricorso per cassazione, il quesito di diritto, per essere ammissibile, deve cogliere la ratio decidendi della sentenza della Corte di appello che ha applicato la giurisprudenza di legittimità. La valutazione di competenza del giudice di merito che ha disposto la compensazione delle spese per tutti i gradi di giudizio in considerazione dell'esito complessivo della lite, non può formare oggetto di giudizio in cassazione.

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