di Marco Massavelli - Corte di Cassazione Civile, sezione I, sentenza n. 21614 del 20 settembre 2013. L'onere della prova relativo all'impossidenza o alla carenza reddituale, posto a carico del coniuge che intenda richiedere un contributo all'altro coniuge per il proprio mantenimento ex articolo 156, codice civile, non richiede una dimostrazione specifica e diretta, essendo sufficiente l'allegazione di una condizione inadeguata. Ne consegue la piena facoltà per giudice di ricorrere alla prova per presunzioni, tratte dalle dichiarazioni dell'obbligato e dalla valutazione complessiva del tenore di vita in costanza di matrimonio. E' quanto ha stabilito la Corte di Cassazione Civile, con sentenza 20 settembre 2013, n. 21614.

Parte ricorrente deduce, inoltre, l'omessa rilevazione, nei giudizi di merito, degli elementi di prova relativa alla mancata addebitabilità della separazione ad uno solo dei coniugi, pur essendo emerso che egli non risiedeva più nell'abitazione coniugale perché aveva una stabile relazione extraconiugale: in particolare, su tale punto il giudice di appello non si era pronunciato.

La Suprema Corte precisa che "l'omessa pronuncia su alcuni dei motivi di appello integra un difetto di attività del giudice di secondo grado, che deve essere fatto valere dal ricorrente non con la denuncia della violazione di una norma di diritto sostanziale o del vizio di motivazione ex art. 360, n. 5 cod. proc. civ., in quanto siffatte censure presuppongono che il giudice del merito abbia preso in esame la questione oggetto di doglianza e l'abbia risolta in modo giuridicamente non corretto ovvero senza giustificare (o non giustificando adeguatamente) la decisione al riguardo resa, ma attraverso la specifica deduzione del relativo "error in procedendo" e della violazione dell'art. 112 cod proc. civ."

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