DI STEFANIA SQUEO - Tribunale di Milano, Sez. Lavoro, sent. n.443 del 4 febbraio 2013: "La temporaneità della destinazione del lavoratore a prestare la propria opera in favore di un terzo, non richiede che tale destinazione abbia una durata predeterminata sin dall'inizio".

Nato come istituto tipico del rapporto di lavoro alle dipendenze delle Pubbliche Amministrazioni, il distacco del lavoratore è approdato nel settore privato, con specifica normativa [1], solo nel 2003.

Da sempre utilizzato per soddisfare un interesse proprio del datore di lavoro, consente, infatti, a questi di porre temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di altro datore, per l'esecuzione di una determinata attività lavorativa [2].

Fino al 2003, nel settore privato, è stato regolamentato esclusivamente dalla Contrattazione Collettiva, alle cui lacune aveva poi sopperito la Giurisprudenza pronunciandosi sul distacco e giungendo ad individuarne i criteri di legittimità.
Essi sono:
- esistenza di uno specifico interesse del datore di lavoro distaccante, che deve sussistere per tutta la durata del distacco [3];
- temporaneità del distacco, intesa come non definitività dello stesso, predeterminata fin dall'inizio;
- svolgimento di una determinata attività lavorativa da parte del lavoratore distaccato.

Per tutto il periodo del distacco, il datore di lavoro distaccante è l'unico titolare del rapporto di lavoro col proprio lavoratore distaccato presso altra azienda. In tale qualità è anche l'unico obbligato a far percepire al proprio dipendente il regolare trattamento economico e normativo già in essere.

Nel caso in cui il distacco avvenga in assenza dei requisiti previsti [4], il lavoratore interessato può fare ricorso al Giudice [5] per ottenere il riconoscimento, fin dal primo giorno del distacco, della costituzione di un rapporto di lavoro subordinato con quel datore di lavoro, che di fatto ha utilizzato, percepito e si è avvalso della sua prestazione: cioè colui presso il quale è stato distaccato.

Se fino a poco tempo fa, la Giurisprudenza di merito, conformandosi ai criteri dei Giudici di Legittimità, in maniera pressoché costante, affermava che non era quindi rilevante la durata più o meno lunga del distacco, ma il fatto che essa sia predeterminata fin dall'inizio, da poco tempo si è affermato diversamente.
Ossia, "La temporaneità della destinazione del lavoratore a prestare la propria opera in favore di un terzo (cosiddetto "distacco" o "comando", la quale configura uno dei presupposti di legittimità del distacco stesso, non richiede che tale destinazione abbia una durata predeterminata sin dall'inizio né che essa sia più o meno lunga o sia contestuale all'assunzione del lavoratore, ovvero persista per tutta la durata del rapporto, ma solo che la durata del distacco coincida con quella dell'interesse del datore di lavoro a che il proprio dipendente presti la sua opera in favore di un terzo".
Continua statuendo che: "La dissociazione, infatti, tra il soggetto che ha proceduto all'assunzione del lavoratore e l'effettivo beneficiario della prestazione è consentita soltanto a condizione che continui ad operare, sul piano funzionale, la causa del contratto di lavoro in corso con il distaccante, nel senso che il distacco realizzi uno specifico interesse imprenditoriale che consenta di qualificare il distacco medesimo quale atto organizzativo dell'impresa che lo dispone, così determinando una mera modifica delle modalità di esecuzione della prestazione lavorativa e il conseguente carattere non definitivo del distacco stesso" [6].


[1] D.Lgs. n.276 del 2003
[2] Art.30 del D.Lgs. n. 276 del 2003
[3] "Può trattarsi di qualsiasi interesse produttivo, anche di natura non economica, ma comunque specifico, rilevante, concreto e persistente" Min. Lav., risposta ad interpello 2/2/2011, n.1 e Circ.28/2005
[4] D.Lgs. n.276 del 2003
[5] Art.414 e ss. cod. proc. civ.
[6] Tribunale di Milano, Sez. Lavoro, sent. n. 443 del 4 febbraio 2013

STEFANIA SQUEO
MEDIATORE E PRATICANTE AVVOCATO ABILITATA
FORO MILANO

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