Con sentenza 8167, depositata il 23 maggio 2012, la Corte di cassazione ha stabilito che, l'avvocato che adotta la strategia processuale del silenzio ha diritto al compenso previsto dalla tariffa penale per l'esercizio di attività difensive in udienza e non già a quello previsto per la mera partecipazione ad essa. In particolare, i giudici di legittimità hanno spiegato che in tema di esercizio del ministero di difensore della parte processuale nel procedimento penale deve ritenersi l'integrazione di cui al punto 6.2 della tabella C della tariffa sicuramente spettante al difensore che abbia assistito in udienza alle discussioni delle altre parti o che abbia partecipato, pur senza prendervi direttamente la parola, ad udienze istruttorie in cui siano state formulate richieste di prova o si sia proceduto ad esami, controesami e riesami, confronti, ricognizioni, esprimenti, perizie, contestazioni, acquisizioni o letture, atteso che la cura e la tutela degli interessi processuali dell'imputato
al cui espletamento l'ordinamento riconnette il diritto all'onorario può manifestarsi anche mediante una partecipazione silente, pure essa essendo espressione di una strategia processuale nella quale si concreta la garanzia costituzionale del diritto di difesa e del diritto al contraddittorio nel processo penale. Secondo la ricostruzione della vicenda, un avvocato, che aveva difeso nell'ambito di un procedimento penale un soggetto, beneficiario del patrocinio a spese dello Stato
in quanto collaboratore di giustizia ammesso allo speciale programma di protezione, proponeva ricorso per cassazione avverso l'ordinanza con cui il Tribunale penale di Napoli accoglieva soltanto parzialmente l'opposizione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 170, (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia), avverso il decreto di liquidazione del compenso professionale. Accogliendo l'opposizione del professionista, gli Ermellini, cassando l'ordinanza e rinviandola al Tribunale di Napoli, hanno quindi accolto i motivi di censura proposti dal professionista, precisando in conclusione che "il difensore di persona ammessa al patrocinio a spese dello Stato
che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 84 e 170, proponga opposizione avverso il decreto di pagamento dei compensi, contestando l'entità delle somme liquidate, agisce in forza di una propria autonoma legittimazione a tutela di un diritto soggettivo patrimoniale; ne consegue che il diritto alla liquidazione degli onorari del procedimento medesimo e l'eventuale obbligo del pagamento delle spese sono regolati dalle disposizioni del codice di procedura civile relative alla "responsabilità delle parti per le spese" (art. 91 c.p.c., e art. 92 c.p.c., commi 1 e 2) (Cass. pen., Sez. Un., 26 giugno 2008, n. 25931; Cass. civ., Sez. 6^ - 2, 12 agosto 2011, n. 17247)"
Consulta testo sentenza n. 8167/2012

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