La Corte di Cassazione (Sent. 8827/03 e 8828/03) attraverso una nuova interpretazione dell'art. 2059 c.c., di cui ha esteso l'operatività, ha riconosciuto la possibilità per i giudici di liquidare il danno non patrimoniale, non più sulle basi della tradizionale lettura restrittiva della norma messa in relazione all'art. 185 del codice penale. Il danno non patrimoniale, chiariscono i giudici del palazzaccio deve essere inteso come ?categoria ampia, comprensiva di ogni ipotesi in cui si verifichi un'ingiusta lesione di un valore inerente alla persona, costituzionalmente garantito, dalla quale conseguano pregiudizi non suscettivi di valutazione economica, senza soggezione al limite derivante dalla riserva di legge correlata all'art. 185 c.p.". Con la prima sentenza
(8827/03) la Corte ha riconosciuto il risarcimento del danno di natura esistenziale (conseguito al totale sconvolgimento della normale vita familiare) a una coppia che, per errore dei medici, aveva messo al mondo un bambino destinato fin dalla nascita a una vita vegetativa. Un autonomo risarcimento è stato riconosciuto anche a quel bambino ora divenuto maggiorenne. D'ora in avanti, sulla base dei principi enunciati nelle due sentenze, sarà dunque possibile risarcire anche ?la privazione di un valore non economico, ma personale, costituito dalla irreversibile perdita del godimento del congiunto, dalla definitiva preclusione delle reciproche relazioni interpersonali".

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