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I permessi per l'allattamento fanno venire meno i buoni pasto 

Per la Cassazione, i buoni pasto non spettano se chi, beneficiando dei permessi per l'allattamento, lavora effettivamente meno di sei ore al giorno


Permesso per allattamento e buoni pasto

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Le lavoratrici dipendenti dell'Agenzia delle Dogane che beneficiano del permesso per l'allattamento e che lavorano meno di sei ore la giorno, non hanno diritto ai buoni pasto. Per avere diritto ai buoni per il pasto infatti la dipendente deve fare la pausa pranzo, che a sua volta presuppone un orario lavorativo di almeno 6 ore, se l'orario di lavoro giornaliero ha una durata inferiore, niente buoni pasto. Queste le conclusioni della Cassazione nell'ordinanza n. 16929/2022 (sotto allegata).

La vicenda processuale

L'Agenzia delle dogane, nel periodo in cui le sue dipendenti erano state assenti per allattamento, congedo di maternità, congedo parentale e interdizione anticipata dal lavoro, ha loro negato il diritto al pagamento dei buoni pasto.

Le lavoratrici hanno quindi agito in giudizio per rivendicare tale diritto e in sede di appello la corte ha riconosciuto loro i buoni pasto perché l'astensione per maternità è obbligatoria e l'interdizione anticipata dal lavoro deve considerarsi come presenza in servizio. I buoni pasto non sono una misura da commisurare alle ore effettive di servizio prestate. Non solo, i buoni pasto vanno riconosciuti a prescindere dalla presenza o meno di una pausa per la consumazione del pasto. Inoltre non si può negare il buono pasto solo perché la lavoratrice, esercitando il permesso per l'allattamento, esce dall'azienda e non sfrutta la pausa.

I buoni pasto non hanno valenza retributiva

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La datrice nel ricorrere in Cassazione solleva i seguenti tre motivi di doglianza:

Non spettano i buoni pasto a chi lavora meno d 6 ore al giorno

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La Cassazione accoglie solo il secondo motivo del ricorso e respinge gli altri, dopo aver ribadito l'importanza e la funzioni delle misure sostegno della maternità di cui al D.lgs. n. 151/2001.

Per la Corte, in relazione alla questione dei buoni pasto, chiarisce che:"in tema di pubblico impiego privatizzato, l'attribuzione del buono pasto è condizionata all'effettuazione della pausa pranzo che, a sua volta, presuppone, come regola generale, che il lavoratore osservi un orario di lavoro giornaliero di almeno sei ore (oppure altro orario superiore minimo indicato dalla contrattazione collettiva); ne consegue che i buoni pasto non possono essere attribuiti ai lavoratori che, beneficiando delle disposizioni in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità di cui al d.lgs. n. 151 del 2001, osservano, in concreto, un orario giornaliero effettivo inferiore alle suddette sei ore, né può valere l'equiparazione de/periodi di riposo alle ore lavorative di cui al comma 1 dell'art. 39 dello stesso d.lgs., che vale "agli effetti della durata e della retribuzione del lavoro", in quanto l'attribuzione dei buoni pasto non riguarda né la durata né la retribuzione del lavoro ma è finalizzata a compensare l'estensione dell'orario lavorativo disposta dalla P.A., con una agevolazione di carattere assistenziale diretta a consentire il recupero delle energie psico-fisiche degli interessati (….) in definitiva, poiché è pacifico che le controricorrenti abbiano lavorato nei giorni interessati solo 5 ore e 12 minuti, il secondo motivo di ricorso va accolto e la domanda sui buoni pasto può essere definita nel merito, con il suo rigetto."

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Data: 27/05/2022 08:00:00
Autore: Annamaria Villafrate