Con la sentenza 18701/2012 le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno affermato che per l'avvocato incriminato per gravi illeciti disciplinari non sussiste il diritto alle attenuanti ottenute in sede penale nella sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti.

La vicenda ebbe inizio con una delibera dell'Ordine degli avvocati di Bologna che aveva disposto la radiazione dall'albo di un avvocato che aveva sottratto dalla cancelleria, alterato e tentato di sopprimere un verbale d'udienza. Non solo l'avvocato aveva anche artefatto una sentenza.

Il provvedimento era stato impugnato davanti al Consiglio Nazionale Forense che respingeva il ricorso rilevando che i fatti contestati ed accertati dalla sentenza penale di applicazione della pena su richiesta erano pacifici.

In relazione alla sanzione irrogata il CNF puntava il dito sulla gravità dei fatti ritenendo prive di fondamento le considerazioni attenuatrici della responsabilità, svolte dalla ricorrente con riferimento alla sua situazione personale.

La suprema Corte ha confermato la radiazione evidenziando che poco importa che in sede penale siano state riconosciute le attenuanti generiche e la sospensione condizionale della pena. Nessun beneficio può essere esteso al giudizio disciplinare.

Al riguardo, la Cassazione ricorda che le Sezioni unite civili hanno escluso che i benefici possano essere estesi anche in sede disciplinare, il Consiglio Nazionale forense aveva dunque ragione: infatti, «a norma degli artt. 445, comma 1 bis e 653 Cpp, come modificati dalla legge 27 marzo 2001, n. 97, la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti (appunto patteggiamento) ha efficacia di giudicato - nei giudizi disciplinari che si svolgono davanti alle pubbliche autorità, e quindi anche in quelli che riguardano gli avvocati - quanto all'accertamento del fatto, alla sua illiceità penale e all'affermazione che l'imputato l'ha commesso. La sentenza medesima non ha invece alcuna efficacia in ordine alla valutazione dei fatti e della personalità dell'attore dell'illecito sotto il profilo disciplinare, essendo tale valutazione riservata al giudice disciplinare».
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